Per quanto il cinema sia l’espressione della soggettività, esso non può esimersi, come ogni cosa, dal confrontarsi con il periodo sociale di riferimento. Ed è quindi giusto che oggi accanto alle storie originali, agli sparatutto quale estremismo dell’azione e alla ricerca felice o meno dell’amore ci siano produzioni che cavalchino l’anima ludica del popolo e quindi dei videogame. E’ ovvio che esistono giochi e giochi e che non tutti, come ad esempio The Last of Us (ma poi bisogna saper farlo!), hanno una trama facilmente sviscerabile e quindi riproponibile con una consequenzialità precisa. E se la chiave per superare questo ostacolo è stata trovata nel recente e riuscito Super Mario Bros., lo stesso non si può dire (nonostante il progetto sia partito da molto lontano e molto prima) per Un film Minecraft.
Premessa d’obbligo. Il mondo Minecraft è particolare e mira prima che all’avventura e alla sopravvivenza alla creatività del giocatore che ha, appunto, la libertà di creare, smontare e rifare. Certo, esistono i cattivi di turno (con il tempo si è capito che senza si perdeva l’anima della competizione), ma di certo non hanno una configurazione e una valenza che un gioco arcade o di avventura pura hanno. Tutto questo è per chiedermi e chiederci, visto il preambolo, se c’era bisogno di una produzione del genere come cinema d’intrattenimento o esso è stata solo un’operazione commerciale. Dal mio punto di vista Jack Blak per quello che rappresenta e la libera follia che ormai lo contraddistingue, avrebbe dovuto essere la garanzia della bontà d’intenzione e invece, a conti fatti, è stato solo strumento di un qualcosa che non ha mai aspirato a nulla di più, e qui la risposta al quesito, di un buon guadagno.
Prima di approfondire il perché di questa affermazione mi soffermerei un attimo sulla consistenza della storia e quindi dell’enorme differenza tra l’inizio/fine e la parte intermedia del film. La prima e ultima parte è veramente pensata e realizzata male, con un senso di provvisorietà e faciloneria dilagante. In particolare gli ultimi secondi e arriviamo subito al perché dell’affermazione di qualche riga fa, mostrano come il progetto non ha mai avuto la minima intenzione di uscire dalla nicchia adolescenziale/bambini di riferimento. E questo, dal mio punto di vista è un errore enorme, firma indelebile di un’ambizione assente. Parliamoci chiaro, il pubblico di oggi non è più quello degli anni ottanta/novanta dove i genitori non avevano l’elasticità mentale di vivere e accettare certe storie (e quindi le scelte di età di riferimento era quasi logica e naturale). Tagliarli completamente fuori è un proprio un limite fuori tempo e che mostra appunto, la voglia estrema di buttare dentro (bambini) più che di dare qualcosa. Da un certo punto di vista, verrebbe da dire peccato perché la parte centrale della storia non è neanche creata male e ha i barlumi di quell’avventura onnicomprensiva di cui si diceva e della quale si aveva bisogno. Per carità, nulla di trascendentale, le forzature erano presenti e continue, ma quell’iperbole sognante di un mondo fantastico e libero erano arrivate e con esso il senso senza pensieri dell’idea e quindi del gioco. Peccato che è durato poco.
In controtendenza a quanto ho letto (sulla valenza generale del film parleremo a breve) credo che l’attore più riuscito del film non sia Jack Black ma Jason Momoa. L’ho trovato più libero, più estremo, più dentro un concetto di iperbole, caduta e redenzione. Ovvio che tale affermazione va dimensionata, ma gli unici sorrisi che il film mi ha regalato vedevano lui come protagonista. Jack Blak avrebbe dovuto rappresentare il classico bambino in un negozio di caramelle e invece, dal mio punto di vista, ha svolto poco più che un compitino. Non mi ha dato nulla e la cosa grave e che da un certo punto in poi si smette persino di chiedere e attendere.
Trovo quasi incredibile, e arriviamo alla portata generale del film, tanta divisione sul giudizio di questo progetto. Siamo quasi al 50 e 50 e questo, ripetendomi, è sorprendente. Anche superando (e dal mio punto di vista non si può) le mancate ambizioni comunicative della pellicola, non si può non concordare che la storia è confusa e che non riesce a convogliare in maniera convincente sia chi viene direttamente dal mondo Minecraft che chi no. Si cerca di dare una spolverata qua e la, ma nulla di più. E’ una storia, mi ripeto, senza ambizione, senza la voglia di approfondire o dare più di quello che è, risultato stremare ogni attitudine. Per carità, poi lo scopo sarà e probabilmente lo è di portare nuovi giocatori e favorire la vendita del merchandising corrispondente, obiettivo che probabilmente verrà conseguito, ma c’entra poco con il cinema. E non diciamo che le due cose non possono andare di pari passo, Super Mario Bros., infatti, insegna che si può fare un buonissimo film ottenendo lo stesso risultato. Quello che è differente è l’approccio e soprattutto, l’intenzione di espandere e condividere a 360 gradi un mondo e un’avventura e questo al di la della sua dimensione cognitiva che come sempre, se fatta bene, diventa variabile e, appunto, onnicomprensiva e senza età.
Jonhdoe1978
Ti è piaciuta la recensione? Seguici anche su Instagram e Facebook</strong
Lascia un commento