Filadelfia. 1975. Rocky Balboa (Sylvester Stallone) è uno squattrinato trentenne pugile italo-americano che non è mai riuscito a sfondare. Tira a campare facendo da esattore per un gangster del quartiere dove vive e per questo motivo il suo allenatore Mickey Goldmill (Burgess Meredith) non lo vede di buon occhio. Fa il filo alla timidissima Adriana Pennino (Talia Shire), sorella del suo migliore amico Paulie (Burt Young).
L’ occasione della vita arriva quando lo sfidante per il titolo all’ imbattuto campione del mondo Apollo Creed (Carl Weathers) si infortuna ed il campione decide comunque di disputare l’ incontro in programma, dando la possibilità ad un pugile ancora sconosciuto di battersi per il titolo…scegliendo appunto Rocky.
Otto righe e circa 100 parole per spiegare quello che si rivelerà un capolavoro. Un capolavoro. Non ci sono altre parole per descrivere questo film perché, aldilà dei numeri (che approfondirò in seguito), se dopo più di quarant’ anni e (magari) alla “entesima” volta che lo si guarda è impossibile non emozionarsi e lasciarsi trasportare dalla storia…anzi, dalla favola.
Nonostante mi risulti difficilissimo raccontare in separate sedi il primo ed il secondo capitolo della saga (che a mio modestissimo parere sono un unico lungometraggio diviso in due episodi), ci provo ugualmente e, per evitare di incappare in fastidiosi Spoiler, cercherò di spiegare perché Rocky è diventato un Cult attraverso un semplicissimo parallelismo fra quella che è la trama del film raccontata poco sopra e quella che è la reale storia del suo protagonista e della realizzazione del suo film.
Fondamentalmente la storia del pugile Rocky, altro non è che la trasposizione cinematografica del messaggio (tutto a stelleestrisce) che chi è dotato di cuore, coraggio, ideali e forte spirito di sacrificio è destinato a raggiungere i propri sogni e/o obiettivi. Infatti lo stesso Rocky è interessato non solo al successo e alla vittoria (oltre ai 150.000$ del gettone di presenza), ma a scrollarsi di dosso l’ etichetta di “fallito” e di dimostrare alla sua donna di essere un uomo e a tutti quelli che gli stanno vicino (“falliti” anche loro, ognuno a modo suo) di riuscire in quello in cui nessuno è mai riuscito prima: resistere a Creed e gridare al mondo intero, ma soprattutto a se stesso, di non essere soltanto un bullo di periferia.
Veniamo ora a Sylvester Stallone: dopo aver bazzicato per un po’ Hollywood con qualche microscopica comparsata, vive alla giornata racimolando i pochi soldi che gli servono per mangiare, affacciandosi addirittura, senza successo, per un brevissimo periodo nel mondo dei Porno amatoriali (la motivazione possiamo immaginarla guardando la versione non censurata del film Demolition Man) e arrivando al punto di dover vendere per pochi dollari il proprio cane Butkus (Birillo…che vediamo anche nel film) e riacquistarlo per circa 3000$ appena incassati i primi soldi dalla produzione.
Arriva all’ idea di scrivere Rocky dopo aver visto l’ incontro fra Muhammad Ali ed il quasi debuttante Chuck Wepner che riuscì a resistere, andando contro ogni fantasioso pronostico, per ben quindici riprese e crollare al tappeto soltanto all’ ultimo round. La bozza è da subito apprezzata da tutte le case di produzione che lo stesso Stallone passa a visitare (copione sotto braccio) in prima persona, ma la risposta è sempre la stessa: nessuno è disposto a concedergli il ruolo di protagonista, cosa imprescindibile per Stallone per la vendita della sua sceneggiatura.
Ma proprio quando ormai sembrava non ci fosse più speranza di realizzare il suo progetto, la United Artists si dimostrò pronta ad accettare questa “opzione”, riducendo però il budget di realizzazione per l’ intero film da tre a pochissimo più di un milione di dollari. La scelta non rese ovviamente le cose semplici: nessun nome di richiamo per i bassi cachet, riprese improvvisate per il regista, zero possibilità di rimediare agli eventuali errori (la scena dove Rocky fa notare che il colore dei suoi pantaloncini sul manifesto sia sbagliato è un vero errore degli scenografi, trasformato in sceneggiatura per rimediare) ed il tutto da dover portare a termine in soli 28 giorni…tempo massimo possibile per il noleggio delle attrezzature.
Che la scelta sia stata comunque azzeccata da parte della United Artists è solo storia…storia e numeri:
– 225 milioni di incassi;
– 3 premi Oscar (Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Montaggio) e 11 Nominations;
– 1 Golden Globe (Miglior Film Drammatico) e 6 Nominations;
– 1 David di Donatello (Miglior Attore Straniero);
– Altri 16 premi in tutto il mondo e più di altre 30 Nominations;
– Inserito dalla AFI’s nella lista dei “Migliori 50 film di sempre” e saldamente piazzato al secondo posto come “Miglior Film Sportivo di sempre” secondo Rolling Stone e dal 2006 inserito nella National Film Registry tra le “Pellicole da conservare nella Biblioteca del Congresso”;
– Ben 5 Sequel e 2 Spin-Off (per il momento…e aggiungerei purtroppo);
– La consapevolezza di aver creato un personaggio per cui è IMPOSSIBILE per il pubblico non fare il tifo ed aver ispirato negli anni numerosissimi signori registi: Scorsese (Toro Scatenato), Eastwood (Million Dollar Baby), Russell (The Fighter), Howard (Cinderella Man), Aronofsky (The Wrestler) e tantissimi altri.
Per amore di chi è arrivato fino a questo punto con la lettura…scelgo di fermarmi qui, ma soltanto perché avrò modo di continuare (per fortuna/purtroppo) con i vari sequel, ma voglio lasciare a chi ha dimostrato di possedere forza e coraggio “Rockyane” un’ ultima chicca che davvero in pochi conoscono: prima che gli fosse affidata la regia del film di Rocky, il regista John Avildsen, non aveva MAI visto un incontro di boxe…né dal vivo né in TV, poiché poco incline agli sport violenti.
Alessandrocon2esse
Potrebbe interessarti anche Rocky II Rocky III Rocky IV, Rocky V, Rocky Balboa
Lascia un commento