Nome: Dale Bartholomew Cooper
Segni Particolari: Molte delle sue intuizioni provengono da sogni che appaiono quasi divinitori
Attività: Agente speciale dell’FBI
Periodo di attività: 1990 – 2017
Dopo la sua scomparsa, avevo la necessità di omaggiare David Lynch in qualche modo. Ho pensato che avrei potuto farlo recensendo un suo film, ma sentivo che sarebbe stata una goccia nel mare e soprattutto, che non mi avrebbe ne soddisfatto ne appagato pianamente. In mezzo a questi dubbi, ho avuto un’illuminazione: visto la sezione apposita perché non approfondire il personaggio a cui il Lynch ha dedicato più tempo e energie? Ed ecco che tutto mi è apparso più facile.
Dale Cooper è stata la vera vittoria artistica di Lynch. Infatti, dopo battaglie, divieti e restrizioni è riuscito a portare Twin Peaks dove voleva lui e lo ha fatto proprio attraverso questo personaggio. Cooper è stato il mezzo nelle prime due stagioni e, finalmente dal punto di vista del regista, il ponte nella terza per fare in modo che la storia di Laura Palmer rimanesse appesa e non definita come molti avevano chiesto. Ci ha messo 25 anni (che poi era il tempo che la stessa Laura aveva citato nell’ultima puntata della seconda stagione), ma alla fine ci è riuscito.
In pratica, nessuno di noi sa realmente come sono andate le cose, quale dimensione ha prevalso sull’altra e quale filo del destino sia veramente quello reale. Questo lusso Lynch lo ha lasciato proprio al suo Cooper, destinatario per ben due volte a sapere la verità. Verità che, dal mio punto di vista, non sa con certezza neanche il suo autore, fautore da sempre del dilemma e delle biforcazioni sensoriali e possibilistiche. Solo a Cooper, Laura ha sussurrato qualcosa lasciandolo sbigottito e la mia eterna sensazione è che tutti, compreso Lynch, abbiano cercato di capire senza riuscirci, lasciando cosi tutto nel sogno, nell’etere e nel caso/caos. Questo ha trasformato, molto di più di quanto fatto negli anni 90’, il personaggio in qualcosa di ideale e per questo assolutamente personale. Non è un caso che quello a cui abbiamo assistito nella terza stagione è un Cooper multiplo (normale, aggressivo e dimesso) quasi a voler sottolineare la stessa molteplicità dell’essere umano.
Il tempo lo ha trasformato in tante persone dentro una. Di certo non sapremo mai se questo switch è sempre stato nella testa di Lynch, ma di certo ha ridefinito tutto il personaggio, facendolo diventare una sorta di biglia impazzita nel tempo e nello spazio. Nelle prime due stagioni, anche se sempre con una linearità labile, il nostro agente aveva una dimensione tangibile e si poteva in qualche modo collocare in qualche angolo. Nel 2017 quella collocazione è stata trasformata, o meglio, copiata in tante altre e con colori sempre diversi.
L’amore che il pubblico, e io faccio parte di quella schiera, nutriva per Cooper derivava dal fatto che non era mai esistito (e vale ancora oggi) un personaggio del genere. Era sopra le righe senza esserlo, appariva quasi folle senza esserlo, era complicato senza esserlo e soprattutto, era sovrannaturale senza esserlo. Ovviamente non tutti alla fine lo hanno percepito e assorbito completamente, ma di certo lo hanno studiato e ne sono rimasti quasi tutti affascianti. A quel tempo il modo di raccontare di Lynch era di un’altra categoria. Non dico che fosse oggettivamente bello (per me era meraviglioso), ma sicuramente unico e fuori da ogni coro. Con gli anni le imitazioni sono arrivate ed è qui, sempre per me, che è nato lo script del Twin Peaks 2017. Io credo che il regista avesse ben chiara la morale, ma non il come e vedendo l’evoluzione del cinema ha voluto, nuovamente, stupire portando quindi storia e protagonista su un’altra dimensione. Non tutti hanno apprezzato il nuovo approccio e in particolare il nuovo Cooper, fuori schema e fuori catalogo. Io l’ho trovato il canto definitivo e meraviglioso di un genio e questo al di la (nessuno lo sapeva li per li) che quello sarebbe stato il suo ultimo progetto.
Momento d’obbligo per colui che ha interpreto questo personaggio e che è diventato, come succede a quasi tutti i grandi registi, il talismano, almeno a inizio carriera, di Lynch: Kyle MacLachlan. Siamo sinceri, non parliamo di un attore memorabile, ma è quello che molto probabilmente più di tutti ha carpito il linguaggio del regista californiano riuscendo a trasmettere allo spettatore esattamente quello che gli si chiedeva. Cooper è senza dubbio il suo personaggio più riuscito e che gli valso meritatamente, almeno per l’applicazione e il trasformismo, il Golden Globe.
La meraviglia di cui dicevo nel capoverso precedente all’ultimo, nasce dalla sensazione dirompente che qui ci sia tutto Lynch, nessuno gli ha dato scadenze e indicazioni e ha fatto tutto esattamente come voleva lui. In pratica, Cooper è diventato Lynch: un uomo complesso e illuminato in un mondo altrettanto complesso e poco stereotipato. Tutto e niente, infinito e materia, terra e sogni, idea e aspettative, apparenza e realtà. In pratica, semplicemente e nuovamente: David Lynch.
Jonhdoe1978
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