Immaginate di avere un robot, più o meno carino, in grado in pochi secondi di scannerizzarvi e dirvi come sta, in ogni sua cellula, il vostro corpo, con l’aggiunta della migliore cura possibile. Niente file, niente attese, niente giorni per le risposte e soprattutto un controllo continuo e preventivo.
Hiro Hamada è un giovane quattordicenne con i tratti del genio, che sfrutta però, tale virtù, in maniera poco edificante. Una sera, dopo l’ennesima sua partecipazione ai bot duelli, viene salvato dal fratello Tadashi dalla vendetta di alcuni partecipanti, sconfitti, in detti incontri. Quest’ultimo riesce a convincere Hiro a presentare domanda di ammissione per il San Fransokyo Institute of Technology, che comporta portare un progetto innovativo davanti al preside e ai maggiori organi dell’istituto.
I suoi microbot, piccolissimi robot che controllati telepaticamente riescono, unendosi, ad assumere qualsiasi forma si vuole, hanno la meglio su tutte le altre invenzioni, permettendo a Hiro di essere ammesso. Ma mentre tutti erano intenti a congratularsi, l’istituto prende fuoco e Tadashi, nel tentativo di salvare il professore Robert Callaghan, rimane ucciso.
Partiamo da un dato certo: Big Hero 6 è un film strutturato meravigliosamente. La storia, infatti, dopo una premessa più che convincente, è sviluppata in maniera armonica e con una coerenza narrativa e stilistica non comune. Ma quello che più mi ha colpito, a parte lo stile, è stata la gestione emotiva delle situazioni. In linea di principio è complicato per chi ha superato la quarantina riuscire ancora a essere coinvolto da una storia di quattordicenni, cambiano le linee di pensiero, i tasti da colpire per smuovere qualcosa. Io credo che questo la Disney lo sappia bene e cosi negli ultimi tempi ha sviluppato personaggi giovani di età ma con i pensieri e le azioni di adulti, in modo da coinvolgere più generazioni. E per quanto mi riguarda, soprattutto nel titolo in questione, ci è riuscita perfettamente.
Il tema trattato non è il rapporto tra fratelli, ne quello tra padre/figlia, ma la gestione del dolore, della mancanza. Hiro ha perso il fratello, il dottor Robert Callaghan la figlia, due traumi diversi ma entrambi potentissimi e che hanno in comune, in questo caso, solo la solitudine. In entrambi il chiudersi porterà a covare, non riuscire a razionalizzare o metabolizzare, sfociando in cieca vendetta comunque, a tratti, comprensibile. La differenza la farà il calore delle persone vicine, e nel caso di Hiro, non tanto nei 4 colleghi/amici, quanto nel buffo e rassicurante “Robot” Baymax, ultimo progetto del fratello e quindi sua diretta emanazione. Baymax è il tipo di androide descritto nella premessa, ma con una memoria espandibile e gestibile e non solo di nuove attività motorie ma anche di capacità sensitive e emotive, che apprende naturalmente.
Il rapporto tra i due è gestito in maniera toccante, delicata e con tanti sorrisi. Il loro diventare inseparabile, più che amici, passa prima attraverso la negazione di un rapporto e dall’errata considerazione di avere a che fare con una semplice macchina, atta solo a eseguire i voleri del suo “padrone”.
Il sempre maggiore contatto tra i due, il fuoco del film, non è altro che il tentativo di Hiro di riaggrapparsi alla fiducia, disperatamente e senza condizioni. L’aver scelto un robot è emblematico da parte degli autori, come affermare l’inutilità dei limiti, in ogni espressione.
Il nodo alla gola per il sacrificio di Baymax si trasforma in sorriso nel momento in cui riappare, essendo la sua scheda madre salvata e rimessa all’interno di un nuovo corpo. Personalmente ci ho visto il riversamento dell’anima, l’immortalità di certi sentimenti, rappresentato in quel tenero abbraccio fra i due che aveva i contorni del per sempre.
Big Hero 6 è un film inizialmente duro, durissimo, ma che cerca in ogni modo di donare una speranza, anche di fronte a una ferita profonda. Non vuole in nessun modo dirci che dietro una cicatrice non ci sia dolore, ma che è possibile alleviarla senza chiudere il cuore. Alla fine tutte le cose andranno al loro posto, non poteva essere altrimenti, non sarebbe più un film Disney, lasciando, dopo i titoli di coda, la strada aperta per un sequel.
Sono combattuto al pensiero, le dinamiche cambierebbero totalmente, non possono ad esempio essere riprodotti i microbot che comunque hanno avuto un ruolo dominante nella storia. Cosi come la preparazione di tutte le armi da parte di Hiro, rappresentata in maniera fantastica e con una splendida colonna sonora che ha messo le virgolette a tutta la storia. Insomma, ovviamente si può fare, ma i rischi di toccare gli elementi vincenti di questo film li trovo superiori rispetto alla possibilità di un prodotto altrettanto valido.
Aspettando cosa verrà deciso, intanto per Big Hero 6 affermo con convinzione: “Di essere soddisfatto del Trattamento”.
Jonhdoe1978
Lascia un commento