Sono ancora uno di quelli che passa il tempo nelle videoteche o nei mercatini a girare dvd alla ricerca di qualche titolo sconosciuto e stuzzicante. Tale ricerca, ovviamente visti i tempi, riguarda anche i siti web sia di settore che generici ed è proprio in uno di questi che ho trovato il titolo in oggetto. Quello che mi ha colpito non è stata solo la copertina, comunque abbastanza ben concepita, ma soprattutto il titolo. The Hamiltons mi dava proprio di l’idea di famiglia antica e di conseguenza di una storia dal passato pesante e dalle tante sfaccettature narrative. E poi, per me, ‘c’è sempre tempo per un horror e anche se terribile, vista la breve durata, non avrebbe di certo cambiato di molto la mia settimana cinematografica e cosi non ci ho pensato troppo se prenderlo o no.
Ora, la domanda da fare, e credo valga per me come per quasi tutti gli appassionati del genere è: cosa si cerca in un film del genere? Un po’ di suspence? Ovvio. Uno svolgimento mascherato, ma senza troppe forzature? Evidentemente. Una buona dose di sangue a corollario dei classici nodi che vengono al pettine? Indispensabili. Una fine intrigante, modestamente originale e che comunque assecondi il discorso generale senza la ricerca a ogni costo dell’effetto sorpresa? Imprescindibile.
Fatte queste domande ecco che ne consegue un’altra, chiaramente la più importante: è riuscito The Hamiltons a soddisfare questi parametri: con mia grande sorpresa (spiegherò a breve il motivo), si. Se si viviseziona tutta il progetto, infatti, non si può di certo dire che c’è una cosa che esalti. La recitazione è abbastanza scolastica, cosi come la regia (questo è il primo film dei cosiddetti The Butcher Brothers e non è che poi abbiano sfondato) e l’impostazione della storia, ma alla fine il risultato è che tutto arriva e anche bene. La cosa che mi è passata in mente al termine del film è che questa è stata la classica storia dove il fine è stato nettamente superiore al mezzo. Il motivo, per come la vedo, è stata l’idea. In pratica quest’ultima era cosi buona che alla fine la decina di errori e semplificazioni si sono alleggerite (non sparite ovviamente) non smorzando l’appeal, appunto, del messaggio.
Dopo qualche ora dalla visione, e non lo faccio molto spesso, per curiosità sono andato a leggere qualche commento, trovando di fatto la stessa situazione che avevo vissuto con la persona con la quale avevo condiviso la visione: assoluta disparità di giudizio. La cosa non mi ha sorpreso più di tanto, questo è il classico film che può dividere e lo fa, a mio avviso, anche in conseguenza del vissuto visivo del suo interlocutore. Tanto per chiarirci, per chi ne ha visti tanti, tantissimi di film horror, alla fine tende ad avere un’ascendente su questo titolo trovandolo per certi versi acuto e fuori dagli schemi. Senza entrare nei particolari, significherebbe spoilerare tutto, la conclusione per la sua ambiguità morale, ti lascia un buon sapore e una buona attitudine. Ed è probabilmente il motivo della rivalutazione complessiva del prodotto oltre i singoli elementi di cui di diceva poche righe fa.
Ultima considerazione, riguarda l’enorme valenza che dal mio punto di vista continuano ad avere le produzioni indipendenti, soprattutto per questo genere. Una storia d’amore alla fine, con un paio di buoni attori, si può anche fare bene. Una scena di sangue e violenza senza i mezzi scenografici può diventare un disastro e qui entrano in ballo l’estro e l’attitudine alla rappresentazione. In pratica, quando non si hanno i mezzi l’affido alla tecnologia e ai mezzi scenografici, ripetizione indispensabile, costosi non può esistere e l’arte dell’arrangiarsi (pensiamo a quante volte l’ha fatto a inizio carriera Hitchcock) diventa imprescindibile. Ovviamente, ci mancherebbe altro, i The Butcher Brothers non sono paragonabili a Hitchcock, come quasi tutti i registi, ma la voglia di scoprire, andare oltre le difficoltà e di comunicare mi sono sembrati in loro evidenti e convincenti.
Andando a chiudere e facendo una sorta di sunto, credo che The Hamiltons meriti per chiunque abbia un buon interesse per gli horror, una possibilità. Non ci si può di certo aspettare la storia del secolo, ma una gestione narrativa capace di una degli argomenti più utilizzato della storia del cinema, assolutamente si. Cerca di uscire parzialmente dagli schemi conosciuti dando una visione del “problema” personale e senza ombra di dubbio originale. Soprattutto la parte finale è accattivante, delicatamente sospesa e giustamente, dal sapore immortale. Insomma, novanta minuti scarsi che passano dignitosamente e che soprattutto al loro termine, cosa che mi è successa non so quante volte, non trasmettono la sensazione di perdita di tempo, anzi, qualche pensiero postumo, come detto, te lo lasciano, e per il genere, da sempre scorbutico, non è affatto poco.
Jonhdoe1978
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