Found footage letteralmente significa “video ritrovato”. Ma se su questa coincidenza testuale si è tutti d’accordo lo si è un po’ meno sul suo reale significato cinematografico. La variabile principale riguarda la lavorazione di quello stesso video con alcuni che lo considerano tale solo se riportato come era e chi ci aggiunge la possibilità di variazioni, montaggio diverso compreso. Comunque la si veda, sono onesto, non conoscevo questo termine e trovandomelo più di una volta durante la disquisizione di questo film non ho potuto che andare a informarmi, Late Nigth with the Devil pur se presentato proprio come found footage è molto di più di questo e conferma ancora una volta quanto da me affermato non più tardi di una settimana fa nella recensione di Immaculate: il genere horror è in un periodo di grande splendore.
I quasi sconosciuti Cameron Carines e Colin Cairnes, autori di soggetto, sceneggiatura e regia, tirano fuori un film stilisticamente impeccabile e che attinge a piene mani a quei concetti borderline delle storie con ambientazioni gotiche/medioevali. Attenzione, il film è ambientato a cavallo tra gli anni 60 e 70 ma quel sapore di caccia alle streghe e di alchimista alla ricerca del filtro per la felicità è perenne. Lo si assapora sin dai primi minuti mentre la voce narrante ci spiega l’ascesa e la caduta del protagonista nonostante, c’è da dirlo, non sia proprio a questo che miri questa parte introduttiva. Cerco di spiegarmi. I primi 10 minuti non sono altro che un mini film raccontato con l’ausilio di alcune immagini e la sua funzione, apparentemente, è quella di preparare lo spettatore a quello che poi sarà il vero cuore della storia: mostrare cosa è successo la notte di Halloween del 1977 al Night Owls di Jack Delroy. Se questo è indubbio, l’impressione che ho avuto, favorita probabilmente dalla preparazione mentale che mi ero fatto del film, è che il percorso del protagonista non fosse cosi univoco come sembrava e che ci fosse dietro le sue imprese e i suoi fallimenti un misticismo nascosto e latente. Alla luce di quello che poi è accaduto non mi sbagliavo e questo, a postumi si può dire, perché è quello che volevano gli autori. Tale alone di mistero era evidentemente cercato e doveva avere il solo fine di creare molte più domande di quelle che apparentemente ci fossero.
La seconda parte della storia, che potremmo delimitare dall’inizio del girato di quella notte (il found footage) sino agli ultimi 10/15 minuti, è una bomboniera cinematografica bellissima. Quello che sorprende è la capacità del film di aver trasmesso tutta la socialità di quegli anni (costumi, modi di pensare, gesti, approccio alle notizie) insieme a quel bellissimo limbo emotivo nel quale dubbio e certezza si alternano in continuazione. In pratica, e qui siamo alla genialità, in certi casi ti sembra di essere l’ospite nascosto e privilegiato di quello spettacolo. Ti senti partecipe come fossi in diretta con la possibilità però di avere una sorta di rewind per capire e rivivere. Gli eventi, evidentemente passati, ti sembrano invece presenti almeno sino a quando il film non te lo vuole ricordare. Sono proprio loro, Cameron Carines e Colin Cairnes, che gestiscono i tempi e posso garantire che lo fanno con un’ attenzione e una capacità che hanno del sorprendente.
La terza parte, l’ultima, ovviamente la più spinta e non poteva essere diversamente, mischia molto le carte e riporta al pettine tutto quel “suddolo” nascosto che si era percepito nei primi minuti e che era stato condito ad arte nella sezione centrale. Subdolo, giusto sottolinearlo, nel senso buono, perché alla fine il concetto più intrigante del diavolo è quello sotto l’epidermide e non nella sua rappresentazione con forcone e corna. A differenza di quello che si potrebbe pensare la conclusione, sull’evidente onda faustiana e tipica di quegli anni (intesi sia per il medioevo e le sue credenze che gli anni settanta e le sue percezioni), è molto più aperta e lascia molti spifferi all’interpretazione personale. Certo, esiste una linea guida ben marcata ma alcune sfumature sono coscientemente lasciare malleabili e adattabili.
Ho trovato assolutamente indovinato l’utilizzo alternato del bianco e nero e del colore, ha accentuato quella sensazione di ospite nascosto di cui si diceva qualche riga fa. E non riguarda solo il normale svolgimento degli eventi, giustamente sempre borderline, nel senso che non si sa quanto veri e quanto no, ma per l’emanazione delle varie personalità dei personaggi che ha comportato. Una sorta di continua alternanza tra aspettative e verità con la finzione che piano piano svaniva.
David Dastmalchian, noto soprattutto per le varie parti minori in film e/o serie di grande successo, stavolta si prende i riflettori e non ne rimane accecato. Il suo era un personaggio molto complesso se non altro perché doveva trasmettere tutta l’ambiguità sia di gesti che di pensieri che aveva. Certo, questo non vuol dire che lo vedo pronto a reggere altri tipi di produzioni ma almeno ora il dubbio lo ho.
Gira qualche voce che la storia sia nata sulla falsa riga di ciò che è realmente successo in un programma in Australia e che, ovviamente con le debite proporzioni, è stato riadattato da Cameron Carines e Colin Cairnes. Comunque siano andate le cose Late nigth with the Devil è un film capace, intenso e con un’anima horror d’altri tempi. Forse l’unico limite è che la morale complessiva (comunque, come detto, non completamente chiusa), abbastanza evidente alla fine e che ha a che fare con l’avidità umana, un po’ si affievolisce sostituita dagli eventi del momento. La spiegazione di tale traslazione è molto semplice è riguarda il fatto che la costruzione degli ultimi attimi è cosi ben fatta che agli occhi ne diventa la protagonista dando cosi uno split importante tra azioni e conseguenze e facendo cosi smarrire l’effetto tv a tutti i costi e che non c’è un prezzo al successo a cui la storia indubbiamente mirava.
Jonhdoe1978
Ti è piaciuta la recensione? Seguici anche su Instagram e Facebook
Lascia un commento