Si dice che nei momenti di difficoltà bisogna far emergere un ricordo o un luogo felice, meglio se entrambi. Il motivo sta nel fatto che esso/i allargano la nostra positività permettendoci di arginare emotivamente (per quanto possibile) l’evento negativo che ci sta investendo.
Noah Baumbach per il suo quarto film (ma potremmo definirlo il primo della sua nuova carriera) non utilizza questo assunto come spunto o incipit, ma come parziale risoluzione della questione, almeno dal punto di vista di uno dei protagonisti. E devo dire che l’operazione, ovviamente un po’ più complessa vista il tema messo in campo, la separazione, sarebbe anche riuscita con estremo successo se non ci fosse di mezzo il fattore tempo e cronologia della visione. Andando al sodo, una cosa è vedere Il calamaro e la balena quando è uscito (2005) e uno, come evidentemente successo a chi scrive, molti anni dopo (2024) e dopo aver visto Storia di un matrimonio, anch’esso di Baumbach. Se il percorso fatto è uguale al mio, è impossibile non avere l’impressione che quello in oggetto alla fine non sia stato altro che la bozza di quello che sarebbe stato e questo sia in termini di costruzione narrativa che di approfondimento dei personaggi. Nonostante, infatti, tutti e quattro gli attori protagonisti di questo film siano assolutamente centrati, ad un certo punto, cosa poi non avvenuta nella storia successiva, si avverte uno squilibrio emotivo a favori di uni rispetto agli altri molto evidente. I clichè tipici degli anni ’80 raccontati per i genitori (vedi i tradimenti con l’analista e il maestro di tennis o la cotta per la propria studentessa) ad un certo punto smarriscono la loro funzione storico/mentale per essere soppiantati dagli squilibri dei figli che cosi sono diventati i protagonisti. Attenzione, questo non è per forza un errore se cercato, ma la sensazione è che col passare dei minuti si sia perso il senso paritario di tutte le personalità messe in gioco cercato sin dall’inizio (la partita di tennis iniziale ne è l’esempio).
Mi sarebbe piaciuto vedere questo film nel suo habitat formativo, sicuramente avrei trovato molti spunti di riflessione diversi e la mia mente non sarebbe stata deviata dalle sovrapposizioni. Noah Baumbach è bravo ora ed era bravo allora, il suo tocco equidistante tra felicità e tormento non è mai cambiato cosa che ha sempre permesso allo spettatore durante la visione delle sue storie di spaziare tra sensibilità e fantasia. Il calamaro e la balena non esce da questo schema, anzi, da un certo punto di vista, ritornando all’anagrafe iniziale dell’opera, ne è in qualche modo il precursore.
Voto 6.5/10
Jonhdoe1978
Il calamaro e la balena, candidato all’Oscar per la Migliore Sceneggiatura Originale, esplora gli effetti devastanti dell’egocentrismo all’interno di una famiglia benestante di Brooklyn.
La pellicola del 2005, basata sulle esperienze adolescenziali dello stesso regista Noah Baumbach, ritrae una famiglia disfunzionale in cui i genitori, presi dal proprio percorso di auto-realizzazione, trascurano e manipolano le emozioni dei figli. La trama si concentra sul conflitto tra Bernard Berkman (Jeff Daniels), un professore di scrittura creativa, e sua moglie Joan (Laura Linney), una scrittrice emergente, la cui competizione professionale acuisce il malessere familiare già segnato da tradimenti e pressioni emotive.
La narrazione mette in luce come i genitori, più immaturi emotivamente dei loro stessi figli, trasformino la vita dei ragazzi in un caos. Walt (Jesse Eisenberg) e Frank (Owen Kline), rispettivamente in piena adolescenza e pubertà, devono affrontare la realtà delle carenze dei propri genitori. Bernard, con il suo ego e atteggiamenti passivo-aggressivi, tenta di manipolare l’immagine che i figli hanno della madre, creando una dipendenza emotiva nel figlio maggiore che ne compromette l’autonomia. Joan, più fragile ma inizialmente più aperta emotivamente, cerca invece una via di fuga attraverso infedeltà ripetute, non riuscendo a emergere professionalmente sotto l’influenza opprimente del marito.
E tutto questo, incredibilmente rispetto alla direzione che pare stia prendendo il cinema in generale, in soli 88’.
La sceneggiatura, strutturata quasi come una pièce teatrale, è densa di significati e offre una rappresentazione drammatica priva di una reale risoluzione o morale, puntando perlopiù su un consiglio…un “invito”.
Che siano un padre e una madre che litigano, un passato che limita il presente, contrasti tra genitori e figli, o qualsiasi conflitto tra due forze, per quanto possa essere spaventoso, basta sapere di essere in grado di affrontarle.
E così come Walt riuscirà ad affrontare senza coprirsi gli occhi, la ricostruzione della lotta tra una balena ed un calamaro gigante nel museo dove spesso lo portava sua madre, Baumbach invita lo spettatore a riflettere sulla capacità (e possibilità) di ognuno di emanciparsi dalla dipendenza emotiva dai genitori e a trovare il coraggio di confrontarsi con i propri demoni interiori, accettando la complessità delle relazioni umane e imparando a convivere con le proprie insicurezze.
Voto 7/10
Alessandrocon2esse
TRAILER: ritratto de famiglia…
TRAMA: …co na bella cornice. Questa è na storia de na famiglia, una de quelle che pe annà avanti se aggroviglia. Come disse la buon’anima de mi nonno “certa gente nun dovrebbe da fà li figli” e infatti dentro sta pellicola tutta caruccia, tirata a lucido e co la puzza sotto ar naso, ce stanno due che hanno fatto na famija tanto pe falla. Gente che se rompe li cojoni, roba che avranno litigato pure pe capì chi doveva da cambià li pannolini. Mò qua te fanno vedè che sti regazzini sò cresciuti, er problema è che sti genitori de cresce nu je và pe niente.
Er padre è un professore de scrittura mezzo frustato che se la sente calla, uno che rosica der fatto che la moje stà pe pubblicà er primo libro…e allora daje de tradimenti, de fasse vedè che uno è mejo dell’artro, praticamente du galli nello stesso pollaio che se beccano da la mattina a la sera. Poi pe fatte digerì tutto sto malessere, er regista te fà vedè che qua sò tutti na manica de intellettuali e allora via co le citazioni perchè pe allungà er brodo fà sempre figo.
Ma i figli? I figli stanno lì a subbisse sti du stronzi, quello grosso che c’ha sempre da paura del giudizio del papi e quello piccolo cerca de capì a che je serve quel coso che je penzola dalle gambe.
Una pellicola senza vinti nè vincitori, dove pe capì che stà a succede te devi rimboccà le mani, pure se a camicia è de Brooks Brothers. A morale stà tutta in quello che fà er fijo grosso quando và al museo de storia naturale pe vedè er quadro “Il calamaro e la balena”, dove osservà quel duplice mostro è tipo n’passo verso a conquista de la maturità, forse perchè quei due esseri fanno meno paura de li mostri confinati in un acquario piene de crepe chiamato “casa”.
Voto 6.3/10
Mklane
Ti è piaciuta la recensione? Seguici anche su Instagram e Facebook
Lascia un commento