Uno Rosso, rientra nello ormai ben consolidato genere: film di Natale. Non commedia e/o azione, ma solo e soltanto film di Natale e come tale deve essere visto e giudicato.
Ritengo questa premessa quasi importante come il film stesso e questo perché in caso contrario, si creerebbe una confusione interpretativa troppo importante e pericolosamente superficiale.
Detto ciò, il film, quasi sorprendentemente, è veramente ottimo, soprattutto perché condito da un’originalità che non si vedeva da molti anni. Certo, il cuore è e rimane il classico Babbo in trappola e la festività a rischio, ma il motivo e la risoluzione sono veramente fuori dagli schemi e molto, ma molto intriganti. La creatura di Jake Kasdan, regista, e soprattutto, Chris Morgan, sceneggiatore e già padre di progetti come Fast & Furious, ha l’enorme merito di modernizzare al massimo, quasi a limite dei supereroi, i protagonisti senza per questo minimamente smarrire il senso e la magia del Natale.
I momenti migliori della storia sono senza dubbio l’incipit, veloce, incalzante e intrigante e la fine, nella quale non nascondo di aver trovato, senza dirli per motivi di spoiler, momenti assolutamente geniali. Potrei aggiungere che il classico mistero di come una sola persona potesse in poche ore entrare in tutte le case del mondo, qui trova quasi una risposta possibile. E se a questo si aggiunge la solidità del senso interiore di questa festa, il cui apice narrativo sta nella bellissima considerazione che bisogna provare a vedere anche nell’adulto l’anima del bambino, ecco che tutto assume la perfetta forma di quello che si voleva dare. Avrei potuto aggiungere che ci si aspettava, ma avrei detto una bugia, Uno Rosso ha dato molto di più, dal mio punto di vista, delle previsioni.
Se devo trovare un difetto, forse due, sono sicuramente alcuni momenti di stanca nella parte centrale e, purtroppo, Chris Evans. C’è poco da fare, è un attore che, a mio avviso, ha troppi limiti espressivi per essere adatto per certi tipi di ruoli. In Captain America, la sua faccia e i suoi gesti in sottrazione, alla fine reggono, ma appena si doveva/deve andare oltre la superficie ecco che sparisce o meglio, diventa quasi alcido e apatico.
Decisamente bravi e convincenti, cosi chiudo la parte dedicata agli attori, Dwqyne Jonhson e K Simmons. The Rock, ormai, in certi ruoli tra l’azione e il fanciullesco ci sguazza e tira fuori sempre qualcosa di profondamente appagante. Avrà anche studiato, ma la sensazione che ora ho è che ce l’ha proprio nell’anima questo tipo di recitazione. Migliore scelta non si poteva fare, per il tipo di Babbo Natale voluto, di Simmons. Credo che ogni parola sia superflua, va solo visto per capire cosa voglio dire.
La particolarità di questo film è l’essere riuscito a bilanciare in maniera impeccabile la sete di genere di ogni età. Mi spiego. C’è la leggerezza e l’ilarità, l’azione più pura e intrigante e la magia infinitamente dolce del Natale (senza esagerate esasperazioni sentimentali) e del suo significato, compreso il ripensamento fraterno. Detta cosi, sembra quasi facile, ma vi garantisco che non lo è. Di solito quando si vuole mettere troppa carne al fuoco si rischia di fare tanto ma non bene, qui invece si, tanti piatti e quasi tutti cucinati benissimo.
Il segreto di questo successo, che dovrebbe essersi capito e di cui ho accennato, è stato avvicinare il racconto a quelle che sono le convinzioni della società moderna svecchiando in parte le vecchie dinamiche. I mondi paralleli, i passaggi dimensionali e il fatto che in ogni cosa ci sia un contro altare cattivo e con altrettanti poteri, sono cose che non solo ci attraggono, ma che abbiamo quasi assimilato essere praticamente reali. Escluderle da un contesto altrettanto estremo come il Natale vorrebbe dire estraniarsi dalla gente e questo è la cosa peggiore che un racconto che ha nel suo dna aggregazione sociale, può fare. Poi, ovviamente, tra il pensare e il fare ci sono decine di chilometri di distanza e non è molto facile renderli vicini.
Chiudo con qualche considerazione molto più intima e personale. Assecondando quel principio rimarcato dal film che dentro ogni adulto c’è un bambino, io amo il Natale. Non c’entrano nulla i regali, mi piacciono i colori e la capacità che ha questa festa di rallentare le cose. Per qualche ora, nessuno ha più fretta e tutti hanno una voglia sfrenata di fare e dire cose che durante il resto dell’anno neanche gli verrebbero in mente. Come conseguenza di quanto appena detto, mi piacciono anche i film a tema, anche se negli ultimi tempi un po’ di meno. Il motivo è semplice: è vero che, l’ho peraltro appena detto, questa festività tira fuori forse la parte più morbida di noi, ma non si può pensare e/o ridurre che questo basti a risolvere ogni cosa. La nostra parte cinica rimane e Uno Rosso (non ho detto di quanto geniale sia il titolo) è stato bravo a prenderla in considerazione, certo smorzandola, ma non fare finta che non ci sia. E questo ha fatto in modo che si percepisse con pienezza tutti i nostri limiti e con essi quel senso continuo di rinnovamento e possibilità che comunque il Natale mi ha e penso ci ha, sempre dato e trasmesso.
Jonhdoe1978
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