Mettiamo subito le cose in chiaro: ad oggi 9 Settembre, Dexter: Resurrection è la cosa più bella che ho visto nel 2025, ed è stata un’enorme sorpresa. Ero assolutamente convinto che non solo fosse difficile ritrovare l’appeal e l’emotività visiva di un tempo, ma praticamente impossibile. Il motivo non era tanto perché non credo nei sequel a lunga gittata quanto per il percorso che il personaggio aveva fatto e che mi aveva fatto pensare e credere che non ci fossero più le condizioni per ripartire in maniera convincente. Entrando nello specifico, io sono tra i pochi che crede che la fine della meravigliosa serie regolare fosse assolutamente coerente con il viaggio e soprattutto con il messaggio: un mondo vuoto e silenzioso quale purgatorio di una vita piena di rimpianti e controsensi. New Blood, nonostante una struttura narrativa comunque a mio avviso buona, aveva cercato erroneamente di mettere una toppa a quella decisione riportandoci nel più sociale: i cattivi non possono vincere e alla fine pagano sempre il prezzo dei loro peccati. E se Original Sin, ottimo, trattandosi di un prequel aveva in un certo senso vita propria e quindi un incipit facile da comprendere, con quale scusa si sarebbe potuto riportare in vita Dexter? E una volta fatto, in che ambito farlo muovere senza contraddire tutto il percorso (New Blood compreso) e senza giocare con gli “accetta e basta” rivolti allo spettatore? Domande e dubbi che minuto dopo minuto, puntata dopo puntata, sono stati sgretolati creando un’esaltazione e un piacere che posso tranquillamente paragonare alle prime quattro stagioni della serie regolare.
Una trama logica, coerente, ricca di personaggi, spunti e complessità tipica del mondo Dexteriano con l’aggiunta di una maturità sia di sceneggiatura che interpretativa travolgente. Ogni puntata è un viaggio nell’anima del personaggio (e dei personaggi) che mai come in questa stagione fa emergere tutta la sua unicità. Il codice di cui tanto abbiamo sentito parlare qui diventa quasi un altro protagonista e ci riporta nel cuore di quell’etica e di quella giustizia intima che tanto ci aveva fatto innamorare anni fa. Si viene travolti dai suoi splendidi controsensi, dai giochi al contrario, dalla rettitudine inversa, dal modo di scontrarsi tra essere e apparire. E la cosa meravigliosa è che questa riscoperta delle sue più profonde necessità avviene senza contraddire nulla di quel processo di integrazione sociale che sia nelle ultime stagioni della serie principe che in New Blood si era cercata. In pratica, come detto, si è riscoperta tutta la magia del personaggio cavalcando tutti i cambiamenti e tutti gli eventi raccontati. Insomma, una magia narrativa che a mia memoria ha pochi precedenti.
Il cambio città, che poteva essere un’enorme trappola, si è dimostrata una scelta incredibilmente azzeccata e non per l’ambito in se quanto per come sfruttato. New York, infatti, apriva infinite possibilità ma anche il rischio concreto di complicarsi la vita perdendo quel filo settoriale e delimitato di cui la serie ha sempre avuto bisogno. Il modo trovato rasenta la genialità e ci riconsegna un Clyde Phillips di nuovo al massimo dell’ispirazione. E’ veramente incredibile come sia riuscito a sintetizzare argomenti cosi complessi in maniera cosi chiara e serrata esaltando comunque tutta quella parte intima di cui abbiamo detto sinora. E’ riuscito a ricreare quel filo invisibile ma resistentissimo tra sottobosco e vita reale ampliandolo rispetto al solito e senza perdere di veridicità e possibilità. A questo ha aggiunto un’ironia di nuovo solida che in parte avevamo perso sia nella stagione regolare che, in particolare, in New Blood e che invece è sempre stata necessaria per compensare l’estrema idea stessa del personaggio.
Ad aiutare questa resurrezione meravigliosa e luccicante, un Michael C. Hall mai cosi centrato. Dieci puntate di maestria recitativa, un essere magnetico e camaleontico cosi come non è mai stato neanche nella prima stagione del franchise. Ci sono alcuni momenti, che non dirò per non rovinarmi la sorpresa, che ha rasentato la perfezione e che ti creano un buco di eccitazione e morsa nello stomaco come pochi altri. La sua gestualità è perfettamente armonizzata al contesto, esagerata quanto serve e minimalista e diabolica in altre, con gli intermezzi di tenerezza a conferma di quel viaggio sociale di cui si diceva pocanzi. Ad accompagnarlo un cast sulla carta stellare e che si è confermato tale. Uma Thurman era una vita che non la vedevo cosi convincente, David Dastmalchian e Neil Patrick Harris perfette spalle di un enorme e potente Peter Dinklage. Un po’ fuori fase, se paragonato a tutti questi, David Zayas anche se poi il suo ruolo è determinate per tutta la trama e il suo sviluppo (oltre a sottolineare quel processo “etico” di Dexter di cui tutta serie è intrisa).
Qualche riga fa ho detto che non mi sarei fossilizzato sui vari momenti cardine evitando cosi spoiler. Ma c’è ne uno che mi ha letteralmente colpito e che vorrei condividere. Quando Dexter sta per uccidere uno dei personaggi quest’ultimo gli chiede chi fosse (non spiego il motivo) e quando lui gli risponde Il macellaio di Bay Harbour la faccia di quell’uomo si trasforma e quello che arriva (allo spettatore) è semplicemente travolgente. In un secondo ti si accende dentro tutto il percorso mischiata all’adrenalina e all’esaltazione di star rivivendo tutte quelle emozioni, che pensavi essere ormai un ricordo.
Showtime recentemente ha deciso di cancellare Original Sin, che era andato piuttosto bene, per puntare tutto su Dexter: Resurrection. Sembrava un azzardo e invece è stata una decisione illuminata. Loro avevano letto lo script prima di noi e sapevano che non poteva fallire. E non solo, il tipo di impostazione finale è stata cosi ben congegnata che di fatto può aprire un mondo infinito a patto che ci sia la volontà di proseguire nello stesso identico percorso senza esagerare o arzigogolare messaggio ed eventi. La bellezza di Dexter, infatti, è sempre stata quella di alternare momenti quasi paradossali (nel senso comico) ad altri asfissianti e da pure crime. In questa stagione tutto questo è andato al massimo, senza pause, senza tentennamenti e senza errori, con picchi di pura poesia. Basterebbe anche rimanere nella prossima o nelle prossime stagioni una spanna sotto per essere assolutamente vincenti a appassionanti.
Chiudo con una considerazione molto personale. Prima di vedere Dexter: Resurrection ho voluto rifare tutto il viaggio e cosi ho rivisto le otto stagioni e New Blood. Il motivo era in mezzo tra il voler rivivere uno dei miei personaggi preferiti e quello di esorcizzare quello che andavo a vedere. Ero convinto, come detto all’inizio, di rimanere deluso e pensavo che il fatto di avere fresca tutta la storia mi avrebbe permesso di assorbire meglio la “botta”. E invece, mi ha consentito di vivere con ancora più pienezza la rinascita splendente di uno dei protagonisti più belli e intensi mai scritti per una serie.
Jonhdoe1978
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