E’ possibile ritrovarsi completamente, dalla parte di un Serial Killer e addirittura, ritenere le possibili vittime “i cattivi”?
A me con Dexter è successo.
Una delle serie più controverse degli ultimi 30 anni, parla della vita di Dexter Morgan, ematologo di giorno, Serial Killer di notte.
Il personaggio ha un impatto forte, a tratti devastante, e si stratifica di mille sfumature man mano che le puntate vanno avanti, rendendolo tanto complesso (non potrebbe essere altrimenti) quanto assolutamente coerente.
La sua “giustizia” non è sommaria, è precisa, con dei canoni ben evidenziati, da cui non scappa e con cui, con il tempo, riesce a convivere.
Il percorso del “passeggero oscuro” lo considero come quello che ognuno di noi fa, l’eterna lotta contro i propri demoni dove alcune volte si vince e alcune volte si perde, ma mai in maniera definitiva. Quel demone ci accompagnerà incessantemente e senza soluzione di continuità durante il nostro viaggio e l’unica possibilità che abbiamo è appunto, imparare a conviverci.
Lo scenario, ovviamente, è grottesco ed estremo, ma ho trovato più umanità e sentimenti in questa serie che in molte altre, soprattutto nel modo unico con sono stati creati, vissuti, sentiti e sviluppati. Un sentire viscerale e intenso in perfetta sintonia con tutto il contesto.
L’amore che Morgan prova per la sorella e per le varie donne come Rita, Lumen e Hannah non sembra mai forzato, anzi è coerente con il personaggio e il modo contorto di vivere, sintesi di quello splendido connubio tra nero e bianco che ha reso, a mio parere, tutto affascinante e originale.
La grande critica mossa alla serie da parte del pubblico riguarda la gestione delle ultime stagioni ritenute non all’altezza delle prime cosi come la fine troppo fredda e lontana dalle aspettative. Non mi trovo assolutamente d’accordo. Le stagioni seguono l’evoluzione del personaggio e i co-protagonisti messi accanto ad esso non servono ad altro se non ad accentuare tale percorso sia di crescita che di implosione/esplosione dell’animo di Dexter. La fine, in alcuni tratti poteva essere gestita meglio, ma il silenzio improvviso, lo spegnimento delle voci del proprio io, l’ho trovato geniale.
Impeccabile la colonna sonora, si adatta perfettamente alle varie fasi della serie, accentuando il significato cercato.
Il protagonista, Michael C. Hall è stato, senza ombra di dubbio, l’anima di questa serie, i suoi movimenti e i suoi sguardi ci hanno ammaliato e conquistato diventando universalmente, un’icona del genere, un’unicità a cui non è possibile avvicinarsi per caratterizzazione, intensità e carisma. E’ quasi un peccato che si sia concesso con il contagocce sia nel piccolo che nel grande schermo, aveva ed avrebbe ancora molto da dire.
Jonhdoe1978
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