Lontano da ogni forma di civiltà, nei boschi della costa nord occidentale degli Stati Uniti, Ben Cash (Viggo Mortensen) vive con sua moglie Leslie (Trin Miller) ed i suoi sei figli: Bodevan (George MacKay), Kielyr (Samantha Isler), Vespyr (Annalise Basso), Rellian (Nicholas Hamilton), Zaja (Shree Crooks) e Nai (Charlie Shotwell). La famiglia tira avanti cacciando, coltivando e vivendo di piccolo artigianato che scambia con un negoziante della cittadina più vicina. Ben cerca di crescere i suoi figli nel migliore dei modi, preparandoli fisicamente e intellettualmente alle difficoltà che potrebbero incontrare nella vita, infondendo in essi una connessione primordiale con la natura. Il risultato della loro educazione sarà che i bambini leggeranno Middlemarch e discuteranno sul marxismo.
Quando giunge la notizia del suicidio di Leslie, lontana dalla famiglia da diversi mesi per curare un disturbo bipolare dell’ umore di cui soffre dalla nascita del primo figlio, la tragedia colpisce l’ intera famiglia e Ben è costretto, suo malgrado, a salire con tutti i figli sul loro personale scuolabus e a lasciare i boschi per affrontare il mondo della realtà, fatto di pericoli ed emozioni…che i suoi figli non conoscono.
Un evento drammatico. Una tragedia. E’ da qui che il regista Matt Ross decide di raccontarci a modo suo, quanto un singolo evento (seppur catastrofico) possa distruggere il perfetto quadretto di una famiglia, costruito negli anni con sudore e fatica e che ti porti a doverti scontrare nuovamente con la dura realtà della vita, fino al ritorno alla normalità. In questo caso però, la “normalità” è quanto di più lontano ci sia da tutto quello a cui siamo abituati. Poiché la famiglia in questione di normale non ha proprio nulla…anzi.
L’ improvviso trasloco coatto a cui è costretta la famiglia Cash, dall’ idillio familiare dei boschi agli orrori della civiltà moderna, è il mezzo con cui Ross ci offre la sua critica visione al capitalismo, al consumismo e al qualunquismo che sono alla base dello stile di vita di un qualunque americano (e non). E tutto avviene attraverso gli sguardi stupiti e le considerazioni dei giovani Cash, alla vista di azioni e comportamenti della comune quotidianità di ognuno di noi, a loro sconosciuta: lo shopping frenetico, il cibo spazzatura, le feste comandate, il guinzaglio dei cellulari e dei videogiochi…tutto rinchiuso (se vogliamo) in un’ unica domanda della piccola Zaja al Fast Food “Perché sono tutti grassi come ippopotami? Sono malati?”.
Il regista, pur dovendo (probabilmente e purtroppo) alla fine cedere e far tornare il capofamiglia Ben sui suoi passi e fargli abbandonare la sua figura utopistica, libera e alternativa di padre (mostrandola come una presuntuosa idea di onnipotenza e di mania di controllo), è palesemente schierato dalla parte del suo protagonista. Tutto il capitolo dello “scontro” a casa di sua sorella Harper (Kathryn Hahn) e suo cognato Dave (Steve Zahn), è una lunga lista di brutti stereotipi in fila con cui viene deriso il sistema genitoriale consumista dei videogiochi e delle scarpe costose, da quello alternativo di Johann Sebastian Bach e degli emendamenti della costituzione americana a memoria.
Proprio non si capisce, o probabilmente si può ipotizzare, perché Ross non abbia portato avanti la sua idea fino in fondo…arruffianandosi dapprima il pubblico e facendolo immedesimare fra quelli “buoni” che criticavano e giudicavano male i “cattivi”, per poi lasciarci alla fine con una morale (a mezza bocca e sottovoce) del tipo “Vabbè…siamo fighi e alternativi, ma non prendeteci come esempio”. Praticamente l’ ennesimo capolavoro SOLTANTO sfiorato, per essersi calato le brache davanti alle stesse regole imposte da cui ci metteva in guardia, per rischiare di essere ricordato come un Little Miss Sunshine più ruspante e genuino.
Alessandrocon2esse
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