
Un sequel, che sia il primo, il secondo o il quindicesimo, a mio parere, deve avere una caratteristica specifica, quella di aggiungere qualche elemento nuovo all’interno del filone narrativo principale, e questo a prescindere se il film preso singolarmente sia buono, orribile o un capolavoro.
Anno 2379, sono passati 200 anni da quando il Tenente Ellen Ripley (Sigourney Weaver) si è gettata nel piombo fuso insieme all’ultimo Alien rimasto nel tentativo di sterminare una razza letale per ogni altra specie. All’interno della nave militare Auriga è in corso un tentativo di clonazione del Tenente stesso e quindi anche dell’Alien che aveva dentro di lei al momento della sua morte, e questo allo scopo di generare una Regina che produca uova e quindi Xenomorfi in serie al fine di addestrarli e utilizzarli come arma.
Facendo seguito alla premessa iniziale, il giudizio globale del film è condizionato dal fatto che nulla aggiunge alla storia principale se non la conferma della cieca ambizione umana. La storia, presa singolarmente, e affidata a Jean Pierre-Jeunet, il padre per intenderci pochi anni dopo di Amelie, non è neanche male seppur con alcune forzature comunque in parte giustificate dalla voglia di stupire e dare qualche elemento di novità rispetto ai capitoli precedenti. A conti fatti clonare Ripley era l’unico modo (se proprio si voleva fare un ulteriore sequel) per far in modo sia che fosse presente ancora la Weaver, che, e soprattutto direi, per evitare di far ricomparire l’Alien attraverso una situazione improbabile o troppo fantasiosa. La clonazione è comunque un aspetto da noi conosciuto e accettato se parliamo di un futuro più o meno prossimo.
Il canovaccio è tutto sommato lo stesso rispetto agli altri film: un gruppo di persone che dopo aver capito con chi aveva a che fare cerca disperatamente di scappare e salvarsi dalla furia degli Xenomorfi. Le particolarità riguardano il modo con cui si sono quest’ultimi liberati, i componenti del gruppo inseguito, mai così eterogeneo, e ovviamente, Ellen Riplay.
Il fatto di essere stati creati da una Regina che comunque è stata “combinata” con Ripley sembra aver dato agli Alien una qualche coscienza di se stessi, non sono più puro istinto e morte, sanno muoversi e capirsi. Utilizzare il loro stesso sangue/acido per corrodere la prigione in cui erano rinchiusi e fuggire ne è un esempio. Quest’aspetto l’ho trovato un pochino “sempliciotto”, degli scienziati che riescono a ricreare Dna e struttura di una persona e di un’intera razza, che tra l’altro hanno studiato per anni e di cui conoscono praticamente tutto, non pensano a costruire una cella anti-acido per contrastare uno dei loro elementi più caratterizzanti e pericolosi?
Ellen Ripley. Non è più la stessa che conosciamo, non ha la sua moralità, i suoi ideali, è un mix tra le due specie, l’aspetto è umano ma sangue, forza e sensi sono dell’Alien. Vederla in questa veste è strano e triste allo stesso tempo, non ci sono più quelle caratteristiche peculiari che l’hanno sempre contraddistinta e a cui i capitoli precedenti si sono sempre aggrappati. L’idea è stata quella di unire metaforicamente e fisicamente lei e la specie che ha segnato gran parte della sua vita, ma questo l’ha spersonalizzata, allontanandola anni luce da quello che era il personaggio e il messaggio di non arrendersi che ha sempre rappresentato.
Completamente fuori focus il personaggio interpretato da Winona Ryder, il droide di ultima generazione Annalee Call. Il suo ruolo dovrebbe in qualche modo compensare la freddezza della Ripley, facendogli da spalla e aiutandola a ritornare sulla retta via in difesa dell’uomo e contro la parte “aliena” di se stessa. La sua è una prova scialba, senza personalità sia nei gesti che nelle azioni, è completamente vittima della telecamera e alla fine diventa un protagonista utile alla storia in quanto tale e non per meriti interpretativi.
Picco più alto del film è senza ombra di dubbio la scena nell’acqua, in cui gli attori si sono immersi veramente rifiutando qualsiasi tipo di aiuto o controfigura (Ron Perlman stava per affogare). E’ girata in maniera fantastica, con inquadrature studiate bene per angosciare e stupire, gli Alien sono ripresi a corpo intero e aggiungono (in questo caso si) qualcosa che ancora nei precedenti capitoli non si era visto.
Di invece, dubbia comprensione la parte finale del film, il nuovo Alien nato dall’incrocio delle due specie lascia parecchio perplessi soprattutto perché non se ne capisce l’esigenza se non quella di aver un nemico differente dalla Regina (Aliens) da far ricomparire (come sempre) all’interno nell’astronave prima di ripartire. Altrettanto opinabili sono gli ultimi momenti della pellicola in cui il droide Call e Ripley, dopo aver senza troppa fatica ucciso l’Ibrido (con pianto materno compreso) guardano il cielo durante l’avvicinamento alla Terra. Da una parte c’è la parte sentimentale della cosa, il Tenente che dopo centinaia di anni riesce finalmente a tornare sul suo pianeta, dall’altra il modo sbrigativo e approssimativo con cui viene liquidato un tale momento.
Non reputo Alien Resurrection (preferisco questo a La Clonazione) un brutto film, è girato bene e con un buon ritmo e il motivo della sua uscita che non capisco, a parte l’ovvia motivazione commerciale. La storia di Alien e soprattutto di Ellen Ripley, non avevano bisogno di un ulteriore epilogo che non ha aggiunto altro di quello che già sapevamo ma che anzi, ha tolto soprattutto in termini emozionali. Il suo personaggio è stato sempre indice di coraggio, umanità, vulnerabilità, ardore e altruismo, e qui di tutto questo ce n’è veramente poco.
Jonhdoe1978
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