
Quando si decide di fare una trilogia bisogna stare bene attenti alla gestione delle idee e delle sensazioni, intese come quel perfetto bilanciamento tra certezze e curiosità. Se da una parte infatti, la sostanza della trama necessita di una distribuzione uniforme dall’altra, se non si danno da subito riferimenti precisi e performanti si rischia di far perdere l’interesse per il proseguo.
Dopo un apprezzabile “dove eravamo rimasti” fatto dagli stessi attori, ritroviamo Sebastiano (Alessandro Gassmann), Moreno (Marco Giallini), Giuseppe (Gianmarco Tognazzi) e Gianfranco (Massimiliano Bruno) esattamente dove li avevamo lasciati: in macchina in direzione Montecarlo alla ricerca di Sabrina e dei tesori che ha rubato alla Banda della Magliana. Venuti a sapere che non si trova più li si dirigono, sempre inseguiti da Renatino (Edoardo Leo), in costiera amalfitana luogo nel quale ora vive con l’ex marito Massimo Ranieri (Carlo Buccirosso), mercante d’arte, e la figlia Lorella (Giulia Bevilacqua).
Buona la seconda.
La bellezza del cinema e della vita in generale, è che si ha quasi, sempre la possibilità di rimediare, di poter correggere le cose che per diversi motivi non sono andate o venute come ci si aspettava. E cosi dopo il poco riuscito Non ci resta del crimine, il talentuoso Massimiliano Bruno, ancora nel triplice ruolo di regista, sceneggiatore e attore, riesce a dare una sferzata importante trasformando un pericoloso sequel in qualcosa di assolutamente godibile e in linea con le aspettative di genere.
La cosa che più di tutte avevo rimproverato al primo film, oltre a una trama che dopo il buon incipit si è trascinata stancamente, era la completa assenza di empatica comicità. Il non essere mai riuscito a trasportare nel cuore della storia, percepita, nonostante i numerosi elementi su cui poggiarsi, piatta e poco coinvolgente. Completamente all’antitesi questo secondo capitolo, che non solo ha tramesso quel senso di leggerezza e allegria a cui mirava ma ha dato un’impronta più reale dando dei riferimenti che il primo capitolo non aveva. Il significato del viaggio del tempo, insieme alle ripercussioni su passato e futuro, sulla falsa riga di Ritorno al Futuro, ha assunto un peso diverso rappresentato dalla concatenazione che azioni/scelte e conseguenze hanno. Le ripercussioni di un avvenimento, infatti, modificano a catena il futuro con quell’effetto domino inevitabile che va a toccare tutte le situazioni a esse legate. Ma il vero salto di qualità, Ritorno al Crimine, lo fa nel momento in cui mischia le ripercussioni del tempo, questa volta inteso come percezione di se stessi e del luogo in cui si è, all’auto ironia, al quel modo soffice in cui i ricordi e l’età trovano il loro punto d’incontro sfociando nella speranza. Gli errori diventano una forza, le possibilità il modo per cui sentirsi vivi, scoprendo, qui si, e prendendo coscienza di aver trovato un modo per riscrivere la propria storia. Il crimine diventa l’evasione e i portali spazio/temporali la risposta a un qualcosa di troppo consequenziale e povero di sorprese. Il denaro nella parte finale, dopo il gioiello di Edoardo Leo ,“Me Compro la Roma”, passa in secondo piano, sovrastato da quel senso di libertà e di avventura tipica di chi ha trovato una seconda, se non una terza, possibilità di riscatto.
Quanto lo splendido cast è stato opaco e al di sotto delle sue possibilità nel in Non ci resta che il crimine quanto è stato smagliante e frizzante in Ritorno al crimine. Una differenza notevole dovuta, a mio avviso, proprio dalla diversa portata emotiva della storia che, improvvisamente, ha preso aria smuovendo cosi intenzioni e propositi. Il trio Giallini/Gassmann/Tognazzi è apparso di nuovo affiatato, come nei primi minuti del film precedente, senza però, in questo caso, perdere mai lo smalto che anzi, con il passare dei minuti acquista più lucentezza. Splendido collante Edoardo Leo, tornato ai suoi livelli, autore probabilmente dei momenti più esileranti.
Una dei grandi limiti che una persona può avere è quella di non essere pronta a rivedere i propri pensieri schermandosi dietro preconcetti e pregiudizi. Il modo con cui mi sono approcciato a questo film è stato possibilista ma con una punta di ottimismo, quasi che mi aspettassi un qualcosa nettamente superiore allo spettacolo precedente. Tale sensazione derivava sia dal fatto che mi sembrava impossibile non sfruttare di nuovo il potenziale interpretativo a disposizione che la possibilità, vista la fine precedente, di poter quasi azzerare tutto e ripartire da zero. Proprio quest’ultimo elemento, vedi la comparsa dei diversi portali nonché l’ipotesi di potersi spostare anche in un periodo diverso dal 1982, è stato, a mio avviso, la vera fortuna del film, un continuare ripartendo.
Anche questa volta la conclusione è aperta, solcando la strada verso un inevitabile terzo e credo, ultimo capitolo. Mi auguro che anche questa volta si faccia una specie di tabula rasa, prendere quei pochi elementi necessari e imprescindibili per cucire una storia completamente nuova sia nelle dinamiche che nei messaggi da mandare. Questo a mio avviso, favorirebbe la curiosità e l’approccio al film, un po’ come quando con gli stessi amici parti verso una nuova vacanza in un posto che non conosci: sai come sono loro ma non come si potrebbero comportare davanti a situazioni diverse, estreme e non.
Jonhdoe1978
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