
Ogni periodo storico ha i suoi usi e costumi, il modo conveniente di pensare e comportarsi e con spesso, una libertà segnata e ben delineata dal rango sociale di appartenenza. Questo ha, molte volte, comportato il soffocamento delle sensazioni e delle emozioni, almeno quelle visibili.
La famiglia Bennet, composta dal padre (Donald Sutherland), madre (Brenda Blethyn) e le cinque figlie, Elizabeth (Keira Knightley), Jane (Rosamund Pike), Lydia (Jena Malone), Mary (Talulah Riley) e Kitty (Carey Mulligan) vivono nella campagna dell’Inghilterra di fine settecento. La loro vita si svolge con tranquillità nonostante la pressante madre, ossessionata dal pensiero di trovare a tutte marito per sistemarle e tenere alto il nome della propria famiglia.
Un giorno giungono, nella tenuta vicino alla loro, il ricco Charles Bingley (Simon Woods) e il suo austero amico, Fitzwilliam Darcy (Matthew Macfadyen).
Come ho già avuto modo di dire, non è mai facile riportare su schermo un libro, cambiano i tempi, la prospettiva e la percezione. Da qui la difficolta molto spesso, di trovare l’adattamento giusto che permetta di riproporre con lo stesso ardore, il cuore della storia. Dal mio punto di vita, Joe Wright, al suo primo lungometraggio, con Orgoglio e Pregiudizio, ci è in gran parte, riuscito.
Il suo è un film girato divinamente e che riesce ad entrare in tutte le pieghe emotive del racconto, nonostante le intrinseche ed oggettive difficolta di gestione. La vicenda infatti gira tutto sull’introspezione dei personaggi, sui loro sogni, aspirazioni, sentimenti e paure. Tutte cose che per essere rappresentate hanno bisogno, imprescindibilmente di due elementi: la sensibilità e l’accuratezza del regista nel cogliere un’espressione, un particolare atto a mostrare la sensazione del momento e una grande prova degli attori nell’accompagnare le intenzioni del primo. Sotto questo aspetto, la linea tra un grandissimo film e un disastro è sottilissima e attraversarla dalla parte sbagliata era un rischio tutt’altro che lontano.
Orgoglio e Pregiudizio è una storia senza tempo, una carezza ai meandri del cuore, alla sua fragilità e al suo perverso modo di percepire invece di sentire. E’ l’andare con il solo uso dei sensi, oltre l’apparenza, quella imposta, senza per questo rinnegarla. E’ la differente importanza e valore che diamo alla nostra pancia, agli sguardi, decidendo se saranno loro a segnare la nostra vita o, invece, quello che è più facile e materialmente conveniente. E questa differenza c’è nella storia della famiglia Bennet, sia nei due genitori che nella loro cinque figlie, divise dal modo stesso di sentire i propri sentimenti.
La protagonista, Elizabeth, sceglie la prima strada, la più tortuosa, scivolosa, usando la forza e l’impertinenza di chi non vuole accontentarsi, di chi vuole nutrirsi e non solo magiare gli avanzi della propria esistenza. E lo fa respingendo l’ennesimo matrimonio di comodo propostole dal cugino Collins (Tom Hollander), nonostante l’avallo della madre, in nome di una disperata ricerca della felicità, toccata fugacemente con un semplice sguardo poco tempo prima, ma offuscato troppo velocemente da una parola di troppo.
La sua, insieme a quella di Darcy, è un’ anima schietta, in un mondo accomodante e rassegnato a quello comunemente ritenuto nell’ordine naturale delle cose. Due anime diverse ma dai contorni comuni, logorate dai propri pensieri e dal difendere disperatamente le persone che amano, anche a costo di danneggiare se stessi. E lo fanno nel modo che sanno fare meglio, attaccando per difendersi lei, respingendo per proteggersi lui, in quel meccanismo di autodifesa che nasconde solo la fragilità di chi possiede una sensibilità troppo scoperta. Ma la sensibilità ha le sue regole, il non poter per sempre celare le sue verità a cui presto o tardi deve cedere il passo. Nel caso specifico lo fa con un bacio sotto il sole del mattino, quello tiepido, ma cosi brillante da spazzare via notte, foschia, e soprattutto tutto il pregiudizio nato dall’orgoglio. Un bacio che sa di naturalezza, di quelle cose che anche se non avvenute in questa parte di realtà sono comunque già accadute prima da qualche altra parte, e se ne conoscono, quindi, già sapori e sensazioni.
Come detto all’inizio, per la riuscita del film erano imprescindibili, profondità del regista e capacità degli attori. Anche se mi sono già espresso, altre due parole su Joe Wright credo, siano d’obbligo. Ha cercato colori e simboli durante tutto il film, riuscendoci quasi sempre. Oltre al momento del bacio di cui ho appena detto, impressionante la scena dell’immersa quercia su cui Elizabeth si poggia nell’attimo di raccogliere idee, radici e convinzioni.
Passando alla seconda parte della mela, inizierei con Donald Sutherland. La sua è una prova discreta, si barcamena tra dei buoi spunti e la sopravvivenza del personaggio, poi però nell’esatto momento in cui i suoi occhi si illuminano quando la figlia preferita le dice che si è innamorata, rivaluto tutto. Come se tutta la sua prova era finalizzata a tale attimo.
Prima di parlare dei due protagonisti vorrei soffermarmi su Rosamund Pike. Non mi ha mai fatto impazzire, l’ho sempre trovata sempre un filo forzata, nel caso specifico invece, è perfettamente a fuoco, delicata e appassionata al punto giusto.
Buono ma non ottimo Matthew Macfadyen. Il suo Darcy riesce a esternare tutte le difficoltà di relazione del personaggio, ma pecca a tratti di quella gestualità che porterebbe all’empatia assoluta.
Eccellente invece, Keira Knightley, vero fulcro del film. Riesce a gestire una parte complicata con allo stesso tempo, morbidezza e decisione, mostrando tutte le dolci spigolosità della sua Elizabeth.
Orgoglio e Pregiudizio è un film complicato e sognante, passa in pochi secondi dalle nuvole al fango e spesso senza neanche una parola. E’ la perfetta sintonia tra il colpo di fulmine e l’innamoramento lento, di come un singolo sguardo possa rimanere dentro di noi per poi germogliare a prescindere dalle nostre lucidi convinzioni. Convinzioni che spesso si basano sulla superficie, sul visibile o semplicemente su quello che si vuole percepire. E la differenza tra mostrare il viso all’alba, come negli ultimi secondi del film, o dargli le spalle vedendo il buio, spesso, sta proprio li, andare oltre gli errati convincimenti, seguendo i sentimenti.
Jonhdoe1978


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