Nonostante l’uscita nelle sale a ridosso delle feste natalizie e, soprattutto del titolo, Ogni maledetto Natale è una commedia dissimile dai classici “Cinepanettoni” e, per molti aspetti, anche dalla tipica commedia all’italiana.
La pellicola diretta da Giacomo Ciarrapico, il compianto Mattia Torre e Luca Vendruscolo non fa uso di giochi degli equivoci, volgarità e doppi sensi, gag fisiche e attrici lascive e seminude. In pratica un film finalmente ambizioso che parte con l’intenzione di rovesciare il senso classico della commedia di Natale, finendo purtroppo (e ribadisco purtroppo) per perdersi poi nel suo intento macchiettistico.
Il trio di autori, alla loro seconda prova registica dopo Boris – Il film del 2011, in cui raccontavano attraverso la deformante lente del grottesco uno squarcio della comunità dello spettacolo nostrana, schernendo le ipocrisie ed il dilettantismo che saturano i set della modesta produzione televisiva “Made in Italy”, con Ogni maledetto Natale tornano sul luogo del reato, ma stavolta lanciandosi nella scrittura e la direzione di un vero film di Natale, per provare a ribaltare in prima persona le carte in tavola di convenzioni cinematografiche ormai logore e non più da una prospettiva esterna e malignamente parodica.
L’esperimento però, purtroppo (se non si fosse capito), fallisce malamente.
Le chiacchiere stanno a zero e la motivazione è abbastanza semplice: Boris, l’intelligente meta-fiction che ha reso celebri Ciarrapico, Torre e Vendruscolo, era una serie che al di là delle menate autoreferenziali e l’autocritica, faceva ridere. E parecchio. Il grande dramma di Ogni maledetto Natale è che, nonostante i suoi grandissimi interpreti (Corrado Guzzanti, Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Stefano Fresi, Laura Morante, Alessandra Mastronardi, Francesco Pannofino, Caterina Guzzanti, Andrea Sartoretti, Valerio Aprea e un insospettabile Alessandro Cattelan) e nonostante parecchie buone idee di sceneggiatura, purtroppo (non mi stancherò mai di dirlo) non fa mai “davvero” ridere e solo ogni tanto sorridere.
Il carosello di incisivi attori utilizzati per fotografare i due mondi diametralmente opposti dei trogloditi Corlando e dei super-patinati Marinelli/Lops, non riesce nel compito di sopperire alla parabola di una trama non particolarmente robusta ed originale, lasciando in bella mostra l’approssimativa sceneggiatura e le sue inverosimili svolte narrative.
L’idea principale è quella di far interpretare a ciascun attore due personaggi diversi, inseriti in due contesti agli antipodi tra loro, eccezion fatta per i due protagonisti Cattelan e Mastronardi, la cui Love Story è mero pretesto alla funzionalità della messa in scena delle due contrapposte rappresentazioni familiari. L’intero cast si carica sulle spalle l’intera responsabilità comica della pellicola, suonando ogni strumento presente nel proprio baule repertoriale e saturando ogni personaggio al limite della macchietta. Il concerto finale è un mezzo disastro in cui si salvano solo pochissimi divertenti assoli, ma gli orchestrali non ne hanno colpa. Se proprio si vuole puntare l’indice accusatorio contro qualcuno, allora va fatto in direzione del direttore d’orchestra…anzi, dei direttori d’orchestra.
Se si dà per accertato che l’elemento della satira sia il segno che meglio contraddistingue il lavoro di CTV, alla fine dell’ora e mezza di visione del film, viene da chiedersi su cosa abbiano deciso di puntare il loro sguardo sarcastico, perché la satira (se di satira si può parlare) in Ogni maledetto Natale non graffia mai.
Si ha l’impressione che CTV non avessero appieno ben chiari i loro obiettivi. Il congegno del Cinepanettone finisce per sembrare più imitato che parodiato ed il continuo rimanere ben al di sopra delle righe, rende difficile la ricerca di legami, riferimenti e critiche alla società, riducendo ogni sequenza ad uno sketch sconnesso dall’altro.
Sebbene la pellicola parta anche con un giusto ritmo ed i dovuti tempi comici, più si va avanti e più emerge la mancanza di idee di regia, a cui va aggiunto il lento indebolimento della scrittura. Tutta la seconda parte, ambientata nella sfarzosa residenza Marinelli/Lops, è a mio parere oltremodo sottotono rispetto alla cena della Vigilia nel rifugio di montagna dei Colardo. E, come se non fosse abbastanza, l’interpretazione di Corrado Guzzanti (che adoro) dell’inserviente filippino Benji è esecrabile.
Lungi da me il pensiero che possa aver offeso qualcuno perché decisamente troppo stereotipata. Magari fosse per questo. Il problema è che la maschera ideata da Guzzanti sarebbe perfetta per uno spettacolo teatrale, ma è palesemente troppo fuori contesto sul grande schermo e, principalmente, non fa ridere. Ed avendo un ruolo quasi da protagonista nella seconda parte del film, il suo personaggio mina l’intera struttura della stessa.
Ogni maledetto Natale paga pleonasticamente il fatto di non poter fare affidamento su quella serialità che ha reso indimenticabili i personaggi di Boris e di dover quindi introdurre, in un tempo non sufficiente a poterli sviluppare, una vagonata di personaggi simpatici, ma sconosciuti. Ed in questo affollamento, più adatto ad una serie che ad una pellicola cinematografica, la maggior parte degli stessi finisce per soffocare.
Un peccato. Davvero un peccato.
Alessandrocon2esse
Ti è piaciuta la recensione? Seguici anche su Instagram e Facebook
Lascia un commento