Non sono una di quelle persone che crede che nella vita si campi di rendita, ma nemmeno ho la presunzione o l’arroganza di dire, o peggio, pensare che quello che si è fatto nel passato non conti nulla. Ovviamente questo vale, sempre a mio avviso, nel generale, poi esistono le componenti empatiche e di predilezione/simpatia e con queste il banco, spesso, sballa.
Questa premessa è più che altro un ragionamento ad alta voce per spiegare il fango che da più parti è stato tirato su Megalopolis e il suo creatore, Francis Ford Coppola, ancor prima che di esso se ne conoscesse storia, ambito e motivazione. Sono uscite cose veramente infime, soprattutto perché molto spesso sono state accompagnate da un sentito dire più che per una conoscenza o visione diretta (del tipo, tanto per estremizzare, un amico di un mio amico conosce il parrucchiere di Adam Drive e…). Certo, Coppola non ha fatto nulla per fermare questa emorragia, la sua presunzione di grandezza non la scopriamo oggi, ma, chiudendo il cerchio iniziale, almeno a bocce ferme, un minimo di predisposizione al dubbio per quello che ha dato e fatto per il cinema, era non dico dovuta, ma almeno auspicabile.
Detto questo, poi, ovviamente, c’è il film e le cose evidentemente cambiano, non c’è più presunzione e l’analisi va fatta per quello che è. E purtroppo, Megalopolis è un grande disastro.
Al termine del film, che ho visto in anteprima nazionale come stampa come antipasto dell’inizio della Festa del cinema di Roma, la prima cosa che mi è venuta in mente è un dialogo immaginario che Coppola, prima di mettersi seduto a scrivere e pensare il film, ha fatto con se stesso. La domanda che secondo me si è posto è: che genere posso fare per avere un raggio di azione praticamente illimitato potendo estremizzare messaggi e motivazioni senza perdere completamente di attendibilità? La risposta evidentemente era una sola: la favola, la fiaba. E se questo a livello teorico non creava, almeno di una malafede iniziale, nessun problema di accettazione quello che lo crea o meglio, lo ha creato è il risultato finale che alla fin dei conti non da risposta a praticamente nulla e si riduce a un messaggio di speranza fumoso e molto utopico. Certo, il film gioca molto sull’utopia, che si contrappone all’ascendente dispotico che l’uomo ha, ma il modo non convince sin dall’inizio, nonostante un apparato visivo certamente degno di nota. L’intenzione di trovare un equilibrio tra il sogno e la bruta materialità del potere è anche chiaro, il problema è che Coppola alla ricerca di un qualcosa di unico e grandioso, s’incarta nella sua stessa idea perdendo di riferimenti e, ahinoi, di giudizio. La sensazione è che la luce cercata in questa storia sia stata cosi accecante da non fargli mai voltare la testa indietro. Se lo avesse fatto, infatti, si sarebbe reso conto di aver cambiato discorso e strada almeno 4/5 volte senza, però, mai dare conto degli eventi. Faccio veramente fatica a trovare un altro film che ha creato cosi tante domande senza risposte come questo e la cosa grave è che non credo sia voluto, almeno per la maggior parte.
La cosa che stride molto, e questo evidenzia la complessità e l’eccezionalità di questo prodotto, è che la prova attoriale generale è più che buona, protagonisti in primis. Se si esclude, infatti, il personaggio di Shia LaBeouf (potenzialmente un crack, praticamente una macchietta) gli altri danno la dimensione delle loro personalità almeno sino a che, e li ha colpiti tutti, il film non ha deciso di annichilirli con i suoi fantasiosi e poco comprensibili sviluppi. Adan Driver è veramente bravo e riesce, nonostante il suo sia il personaggio più strutturato e quindi il più soggetto alle aberrazioni emotive di Coppola, a reggere sino alla fine rendendo di conseguenza meno trasbordante la meravigliosa follia del suo creatore. Sembra un controsenso usare questo termine per un film che è evidentemente un disastro concettuale e narrativo, ma non riesco a non pensare che sia cosi. E’ come se Coppola abbia provato a ipnotizzare gli spettatori con una lucertola anzichè un serpente, il mezzo era completamente errato la conseguenza e gli effetti un po’ meno.
Ha evidentemente provato a buttare fumo negli occhi? Certamente. Ne siamo/sono cosciente? Ovviamente. Ma qualcosa aldilà della logica questo film mi ha lasciato? Si, ed è anche non facile da spiegare. E’ una sensazione controversa e per certi versi priva di una solida discussione d’appoggio. L’unica cosa che mi viene in mente (e che penso) è che questo sia il suo canto del cigno (se lo è scritto, diretto e prodotto da solo) e se penso all’ultima danza la immagino proprio irragionevole, scontrosa e piena di sogno e triste realtà. L’aver dedicato un film cosi cervellotico, complesso e privo a volte di un senso compiuto alla moglie è il segno inequivocabile di voler provare ad esorcizzare tempo e morale con i sogni e buoni propositi senza per questo dimenticare del percorso e di quanto lasciato o da fare. La realtà, alla fine, è che tutto scorre e quello che ci rimane è crearci mentalmente una favola dove trovare un minimo di speranza senza per questo sottrarci alle nostre debolezze e alle nostre storture.
Il problema è che alla fine ha esasperato troppo tutti questi concenti rimanendo con cerino troppo grande e troppo caldo per essere gestito. La misura di questo eccesso la si può racchiudere in una sola considerazione finale (sino ad ora sono stato molto attento a incappare in spoiler, fermatevi qui se volete) che forse meglio di qualunque altra sigilla la follia, l’aleatorietà e l’eccentricità di questo progetto: nessuno ha capito cosa sia realmente il Megalon.
P.s.
Questa recensione è stata fatto a poche ore dalla visione del film. Il giorno seguente, sempre all’interno della Festa del Cinema di Roma, ho assistito alla Masterclass con lo stesso Coppola. Tralasciando la piacevolezza generale della chiaccherata, quello che qui può interessare e la sua interpretazione di Megalopolis. Tra le cose che ha detto, personalmente credo che solo una sia degna di essere segnalata e che in qualche modo, conferma quanto da me ipotizzato nelle righe precedenti. A precisa domanda a chi fosse rivolto il film (le alternative erano a giovani di 20-30 anni, 40-50 anni o al genere umano tutto), la risposta di Coppola è stata: “l’ho fatto per me stesso!”.
Jonhdoe1978
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