Il divismo cinematografico nacque in Italia intorno agli anni ’10 e solo in seguito divenne un fenomeno prettamente americano, con lo sviluppo di Hollywood e del suo “Star System” che vedevano nei “divi” una sicura fonte di guadagno.
Ma dietro il processo di divinizzazione dei protagonisti del cinema, si è nascosta per anni una prigionia ai più sconosciuta, raccontata in maniera impeccabile da Virna Lisi in un’intervista di qualche anno fa:
“Avevo firmato un contratto di esclusiva per gli Studios, il quale prevedeva la possibilità di essere venduta ad altre produzioni, anche per un solo film, senza nemmeno poter leggere il copione. A quei tempi si era completamente prigionieri di quel mondo. Le interviste si facevano con il capo ufficio stampa alle spalle. “Signora Lisi deve dire questo e non questo, deve fare questo e non quest’altro e sorrida sempre“. Un giorno trovai un mio curriculum totalmente contraffatto, dove mi facevano passare per una multimiliardaria, single e proprietaria di una tenuta con tanti cavalli. Chiesi “Ragazzi ma chi è questa? Io sono sposata, ho un figlio di tre anni e non ho mai avuto né cavalli, né miliardi…che cavolo scrivete?” Mi spiegarono che dovevo far sognare la gente che veniva a vedermi al cinema. Non potevo farmi vedere in giro, perché “La Lisi si deve vedere solo nello schermo“. Fortunatamente oggi gli attori sono più liberi. Un giorno mi proposero il copione di Barbarella, la pellicola che avrebbe poi lanciato Jane Fonda. Avrei dovuto interpretare una ragazza vestita di paillettes, metallo e piccole ali…un personaggio totalmente idiota. Dissi “Io questo film non lo faccio!“. Mi risposero “Lei è sotto contratto e fa quello che diciamo noi!“. Stracciai il contratto e pagai una cospicua penale e me ne tornai in Italia.”
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