Nome: Harry S. Stamper
Segni Particolari: ha salvato il mondo
Attività: esperto di trivellazione petrolifera
Periodo di attività: 1998
Immaginate di tornare nel 1998 e qualcuno vi dicesse che il mondo sta per essere spazzato via e che l’unica speranza è mandare nello spazio un solo uomo per cambiare la storia. Tra i vari nomi che ti/ci possono venire in mente, Sly, Schwarzenegger, Norris, Seagal e Van Damme, ce n’è uno che emergerebbe con feroce naturalezza: Bruce Willis. La voce dentro di noi sarebbe chiara: Bruce può fare tutto, non potrebbe mai fallire, è imbattibile e soprattutto, è umanamente immortale. Insomma, è uno di noi che però si rialza sempre e non sbaglia. Deve avere avuto la stessa nostra visione Michael Bay, non proprio l’ultimo arrivato, prima che impazzisse, tanto da chiamarlo per una delle storie più empaticamente travolgenti del genere action/apocalittico mai scritte e prodotte.
La vera magia, però, Bay, coadiuvato dai vari Tony Gilroy, Shane Salerno, Jonathan Hensleigh e J. J. Abrams, l’ha fatta unendo questa percezione che tutti avevamo e abbiamo di Willis a qualcosa di assolutamente imprevedibile e che ancora oggi ci fa di dire: no, si sono sbagliati, lui non può morire. Non correndo nessun rischio di spoiler, credo che l’immortalità Harry l’abbia raggiunta propria in quei 20 minuti finali, quando con tutta la comodità, la fierezza e la malinconia possibile si è reso umano in una situazione che di umano non aveva nulla. E’ riuscito, in pochi istanti, a prendere in mano tutto quello che rappresentava (attore e personaggio), rimodellarlo e poi restituirlo con le stesse fattezza, ma con una carica fisica/emotiva all’ennesima potenza tanto da trasmetterci la sensazione, chi non lo ammette sta mentendo, che veramente ci ha salvato. Non me ne vorrà Mklane (la cui derivazione dello pseudonimo è abbastanza chiara), ma credo che proprio con Harry S. Stamper Willis ha concluso il cerchio della propria carriera. La mia sensazione, infatti, è che gli mancasse un centimetro (per esempio mai colmato da molti dei nomi detti all’inizio, Sly escluso) per arrivare completamente e attraversare definitivamente il limbo tra azione pura e cattura anima. Le due cose, il genere action con l’emotività, non sono, infatti, per forza di cose lontane anche se, oggettivamente, molto difficili da combinare e realizzare.
Ma se gli ultimi minuti lo hanno consacrato come l’icona di una generazione e di un pensiero, anche l’inizio aveva colpito per l’equilibrio che riusciva a dare tra moralità e realtà. In pratica, il suo altruismo e il suo darsi, figlia in primis, non ha mai stonato rispetto alla concezione mentale che abbiamo di questi rapporti tanto, appunto, da risultare il perfetto antipasto dell’esplosione finale. Se per esempio, fosse risultato esageratamente indirizzato non avrebbe creato quel filo che poi ha permesso di graffiarci l’anima e lasciarci per qualche secondo senza fiato. Se dovessi fare un paragone, che poi è molto meno scomodo di quello che potrebbe sembrare, Harry è il Tony Stark degli anni novanta o invertendo i fattori, Tony Stark è l’Harry della seconda decade degli anni duemila.
A differenza, però di altri personaggi, Harry S. Stamper è un personaggio a scadenza, anzi probabilmente è già scaduto. Tanto del suo impeto emotivo è confinato in quel periodo e questo perché, come più volte detto, è la somma della percezione che si aveva di Willis in quel momento storico con la storia vera e propria. Vederlo ora, non avrebbe lo stesso effetto e alla fine non è e non può essere neanche un limite, è una caratteristica e come tale va considerata e valutata. Certo, verrebbe da dire che è un peccato per gli altri, ma invertendo i fattori potremmo trasformare Armageddon in una di quelle storie che si raccontano ai piccoli prima di addormentarsi o agli adolescenti affini a certe storie, magari iniziando con: ti ho mai raccontato di quando Harry S. Stamper ha salvato il mondo?
Jonhdoe1978
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