Il Noir non è un genere comodo, tant’è che insieme al Giallo è stato a poco a poco inglobato nel Thriller. Se poi l’obiettivo è quello di mescolarlo all’Horror, ecco che l’asticella del livello di difficoltà segna rosso, poiché risulta assai difficile riuscirci senza che i due generi cozzino tra loro.
Gothika è una pellicola che si basa proprio sulla fusione di questi due generi, trovando per lunghi tratti un solido equilibrio nel narrare una vicenda in cui, razionale e sovrannaturale, si affiancano dall’inizio alla fine.
Questo, unito al debutto hollywoodiano del regista francese Mathieu Kassovitz e ad un Cast di grandi nomi di sicuro richiamo, le ha permesso di registrare un enorme successo di pubblico (con oltre 140 milioni di dollari al botteghino), ma non di uscire illesa dalla morsa spesso castrante della critica.
Kassovitz, già autore di due cult internazionali come L’odio del 1995 e I fiumi di porpora del 2000, riesce perfettamente a quadrare i conti miscelando il Noir all’Horror in maniera sapiente e donando, ad entrambi, scene che permettono a volte di intrigare, a volte di saltare dalla poltrona, proponendo una messa in scena asciutta, essenziale e senza abusi di effetti speciali, affidando tutto a vecchi trucchi del mestiere per atterrire lo spettatore.
La storia è quella della Dott.ssa Miranda Gray (Halle Barry), brillante psicologa criminale e moglie del Dr. Douglas Gray (Charles S. Dutton) che, rientrando a casa in auto dopo una dura giornata di lavoro presso l’istituto psichiatrico dove lavorano, finisce fuori strada per evitare una ragazza piazzata immobile in mezzo alla carreggiata. Dopo aver provato a soccorrerla, la ragazza prende improvvisamente fuoco e la dottoressa perde i sensi, risvegliandosi tre giorni dopo rinchiusa come paziente nello stesso manicomio dove lavora.
I presupposti per un buon film ci sono tutti, ma se l’inizio non è per niente male, dopo nemmeno i primi 30’ tutto scivola rapidamente verso l’Horror-Thriller di Serie B, confezionato con una desolante penuria di originalità e dei tagli di montaggio che, se fatti con un’accetta, avrebbero arrecato meno danni.
Se infatti dal punto di vista registico Gothika risulta discretamente compiuto, mantenendo un ritmo serrato e un’apprezzabile incertezza (almeno fino al prefinale), il difetto maggiormente riscontrabile è nella sceneggiatura di Sebastian Gutierrez, spesso illogica e con evidenti lacune e forzature che snaturano l’istintiva forza del racconto e rischiano di infastidire non poco lo spettatore smanioso a capire fino in fondo la trama narrata…il sottoscritto ad esempio, giusto per citarne uno.
La struttura narrativa claustrofobica, capace di sfruttare al meglio l’ambientazione da reclusione ospedaliera creata dal bravo Graham “Grace” Walker e nella quale la protagonista si trova a vivere un drastico passaggio da dottoressa a paziente, pone sì anche una velata critica ai metodi talvolta brutali usati nelle strutture per i malati mentali e interessanti spunti sul meccanismo della “rimozione”, ma commette al contempo l’errore di mettere troppa carne al fuoco…e nemmeno tutta di prima qualità.
Hollywood ha da sempre, come da tradizione, inglobato giovani talenti da tutto il mondo e lo stesso Kassovitz, con i suoi due sopracitati successi precedenti, è stato notato dalla “Fabbrica dei Sogni”. Ma come tutti i bravi registi extra-hollywoodiani, pur di far parte di quel sistema, ha dovuto rinunciare all’autorismo e a rispettare la clausola “non scritta” di attenersi all’aurea regola del film di genere.
Kassovitz ci prova anche a riproporre le atmosfere cupe, misteriose ed inquietanti de I fiumi di porpora, riuscendo a creare una sorta di doppia prigione, quella fredda e metallica dove la protagonista è rinchiusa e quella della sua stessa mente, per nascondere i macroscopici limiti dello script, ma le inabilità della sceneggiatura emergono ovunque e diventano immedicabili a mano a mano che si va avanti.
Perché, ad esempio, un’entità capace di provocare tagli sul corpo della protagonista per lasciarle un messaggio, non scrive direttamente il nome dell’assassino invece del criptico “Not alone“? Oppure perché, la stessa entità è in grado di materializzarsi e malmenare la protagonista, non si vendica da sola senza la necessità di una “intermediari”? Ma soprattutto, perché ingaggiare Robert Downey Jr. per fargli interpretare il personaggio più stereotipato, meno convincente ed inutile ai fini del racconto della sua carriera? Domande a cui purtroppo non c’è risposta, perché proprio come ci suggerisce il film in una delle sue frasi celebri: “La logica è sopravvalutata!”.
In questo enorme “Effetto Déjà vu” in cui finisce per sprofondare il regista col passare dei minuti, figlio di quella clausola poc’anzi citata e fatto di strizzatine d’occhio a pellicole di genere come Il sesto senso di M. Night Shyamalan, The Ring di Gore Verbinski, Le verità nascoste di Robert Zemeckis (anche produttore del film), Shining di Stanley Kubrick, L’esorcista di William Friedkin e tantissime altre ancora, di “gotico” (a dispetto del titolo) non c’è quasi nulla, sebbene la sinossi prometteva di pescare proprio in quelle acque: un’eroina indifesa, ma forte a dispetto dell’apparente fragilità, un castello/manicomio scricchiolante e tenebroso ed un fantasma a spasso per i corridoi.
Gothika è un film che, a conti fatti, non lascia mai il segno su chi guarda. Parte benissimo, scorre per almeno un’oretta senza interessare troppo, ma neppure annoiare e finisce per sgretolarsi nell’ovvietà più trita, quando la sceneggiatura deve iniziare a sciogliere i nodi narrativi del mistero e lo spettatore è ormai due minuti avanti rispetto a quello che succede sullo schermo.
Menzione extra-recensione per la prova attoriale di Penelope Cruz: unica a non sembrare sottotono rispetto alle proprie capacità. Fa le prove per quella che poi sarà la magnifica Italia in Non ti muovere di Sergio Castellitto.
Alessandrocon2esse
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