Tutte le scelte che facciamo nella nostra vita sono influenzate dalla percentuale di speranza che abbiamo. Di solito tale variabile segue l’andamento dell’età diminuendo la sua intensità ma mano che gli anni vanno avanti quasi a suggellare che più si cresce e più ci si adagia su quello che si ha. Ma se questo è vero in linea puramente logica, esistono situazioni che possono sconvolgere questo andamento portandoci o all’estremo positivo della cosa o al contrario a quello negativo che vede nello smarrimento delle proporzioni emotive il suo grande pericolo.
Shigeharu Aoyama (Ryō Ishibashi) è un uomo di mezza età con un figlio ormai adolescente e che da ormai 7 anni è rimasto vedovo. Spinto dallo stesso figlio e accortosi del senso di solitudine che stava cominciando a provare, decide di iniziare a guardarsi intorno alla ricerca una nuova moglie con cui condividere il resto la vita. Si confida cosi con un amico che gli propone, sotto le mentite spoglie di un provino cinematografico, di fare una vera e propria audition alla ricerca della donna ideale. Tra le tante viene colpito sin dal curriculum da una in particolare.
Invertendo i normali fattori di analisi di questo film, che vorrebbero inizialmente soffermarsi sulla frenetica e contorta personalità di Takashi Miike, la prima cosa sulla quale vorrei mettere l’attenzione è probabilmente la vera ragione del suo crack: Eihi Shiina. La sua Asami Yamazaki è il vero capolavoro di Audition, la ragione per cui l’idea, peraltro di livello, è improvvisamente diventata una perla dorata e luminosa. Quello che infatti rimane al termine di questo film, oltre al senso metaforico della speranza e della delusione, è la capacità di Eihia di essere riuscita a trasmettere con la stessa travolgente intensità la doppia personalità della protagonista. Il suo sorriso compiaciuto mentre taglia il piede di Shigeharu, se contrapposto alla delicatezza mostrata nella prima parte della storia, è uno dei momenti thriller/horror più travolgenti degli ultimi 30 anni. Si percepiva la follia, la mefistofelica natura di una mente ormai scomposta seppur nei panni di un corpo di per se sensuale e delicato. Proprio questa duplice assimilazione ha moltiplicato al quadrato tutto il contesto rendendo straordinariamente affascinante, inquietante e profondamente terrena e cruda la storia. Una storia dal duplice volto, un primo quasi di preparazione e un secondo meravigliosamente cervellotico e sospeso, che ha la sua ragion d’essere, come detto, nella fatalità della speranza e dell’illusione. Shigeharu Aoyama perso nelle pieghe di una solitudine ormai ingombrante, il figlio vista l’età sta cominciando a farsi una propria vita, cerca quel passo ulteriore e nuovo per la propria esistenza e lo fa, e qui sta la colpa e la condanna del film, abusando del potere concessogli che, seppur poi condito da buoni propositi, trasforma la ricerca dell’amore in un segnare (i taccuini durante l’audition ne sono l’esempio) voti e numeri. Asami Yamazaki, viene da un passato di coercizioni, violenza e abusi, che oltre all’averla deviata caratterialmente le ha formato la radicale convinzione, che poi ogni volta diventa l’escamotage per fare del male, che quello accanto a lei deve essere solo e solamente suo. In ogni gesto cosi, anche dove non c’è, cerca sempre di vederci qualcosa di distorto onde continuare all’infinito a soddisfare la sua sete perenne di vendetta e predominanza.
Ma torniamo a Takashi Miike. Perché se è vero come è vero, peraltro da lui stesso ammesso, che senza Eihi Shiina Auditiun non sarebbe stato quello che è, è indubbio che la sua capacità narrativa ha fatto il resto. La sua non è una regia canonica e questo per film del genere, dal mio punto di vista, non solo non è un difetto ma un vero e proprio merito in più. La scompostezza delle due parti di Audition rivelano una capacità di mostrare sia l’attesa che l’uragano delle azioni e delle scelte con la stessa capacità, riuscendo a raggiungere, almeno nel caso specifico, vette registiche altissime sia visive che proprio concettuali e di messaggio. La parte finale, nel quale il sogno torbido, fatto di violenza, pedofilia, rimorsi, malvagità e follia, si mischia con la realtà, peraltro altrettanto disturbata, è gestita con un’accuratezza meravigliosa. L’inquietudine si mescola allo stupore e la domanda su dove inizi l’immaginazione e dove appunto, la realtà si affaccia più volte nella mente trasformando l’attenzione in bramosia e l’angoscia in oppressione. Gli ultimi secondi sono tra il geniale e il paradossale e diventano a conti fatti lo specchio malato della ricerca di speranza, di quell’equilibrio in un modo o nell’altro spezzato e che si porta dietro strascichi a volte troppo pesanti per essere superati.
La filmografia mondiale è piena di film thriller/horror senza senso e che spesso cavalcano clichè visti centinaia di volte convinti che il blockbuster di genere sia quello che in verità la gente cerca. Siamo cosi abituati a questa mediocrità che quando troviamo o ci imbattiamo in qualcosa di pensato e coraggioso rimaniamo completamente stupidi oltre che ovviamente affascinati. Audition è un film di livello assoluto che anche a distanza di anni, rivisto, trasmette tutta la sua potente inquietudine, insieme a un aspetto visivo ancora terrificante e soprattutto credibile. Insomma una gemma assoluta da rivedere o trovare velocemente onde poter assaporare finalmente o di nuovo quei brividi che tutti quelli che amano questo genere cercano e ogni volta, come detto pocanzi, quasi mai trovano.
Jonhdoe1978
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